Quando la pena si espia al resort

Dei diletti e delle pene. Nell’ex Italia, non tutti i percorsi di riabilitazione sono uguali. Per esempio, Massimo Ponzoni, l’ex golden boy del Pdl lombardo, ex assessore regionale e uomo di fiducia di Formigoni, è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi per vari reati (tra cui bancarotta e corruzione). La galera non redime, lo sappiamo, è solo per i poveri cristi. L’affidamento in prova ai servizi sociali prevede che Ponzoni vada a stare dai genitori a Desio e a lavorare alla «Medical resort», un luogo già da lui frequentato, specializzato in «medicina estetica, nutrizione, wellness training».

Tempo fa, gli avvocati di Giulia Ligresti avevano chiesto che la loro assistita potesse scontare il residuo della pena di due anni e otto mesi agli arresti domiciliari e prestando servizio sociale come designer di arredamento o come «pr» per la società della sorella, Jonella (desiderio respinto). Anche Umberto Bossi voleva «espiare» il suo residuo di pena fra i banchi di Montecitorio (non proprio un luogo di rieducazione). Chissà che un giorno Francesco Schettino non chieda di riabilitarsi come bagnino all’isola del Giglio: una condanna che serva da monitor.

Nell’ex Italia, com’è giusto, anche la pena aspira a migliorare l’immagine. Accanto al reddito di cittadinanza ci vorrebbe però un’indennità di umiliazione per chi osa ancora pagare il fio.

6 gennaio 2019, 07:03 - modifica il 10 giugno 2019 | 19:57

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