7 agosto 2018 - 23:21

Braccianti, il ministro Centinaio: «Servono più controlli. Ma se c’è il caporalato sono responsabili anche gli imprenditori»

Il ministro dell’Agricoltura: «Ritorno alla legalità»

di Giuseppe Alberto Falci

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Ministro Gian Marco Centinaio, il bilancio degli incidenti nel Foggiano è di sedici braccianti morti nel giro di 48 ore. E cosi si torna a parlare di caporalato. Qual è la sua posizione?

«Non voglio vivere in un Paese dove esiste ancora la schiavitù. Quindi da oggi farò tutto il possibile per bloccare questa piaga. Non lo dico solo da ministro, ma da cittadino».

I numeri sono impietosi: il business del lavoro irregolare e del caporalato è stimato in 4,8 miliardi di euro. I braccianti sono ostaggio di caporali per tre euro l’ora. Quali saranno le future mosse del governo?«
Questa è una partita che sta gestendo direttamente Matteo (Salvini, ndr). Proprio in queste ore è lì per rendersi conto della situazione e per studiare le possibili soluzioni. Spero che il ministro dell’Interno intraprenda delle azioni più dure di controllo e repressione in quelle zone».

Anche lei andrà a Foggia dopo le visite del premier Conte e del ministro Salvini?
«Mi fido di Matteo. Le dico con tutta onestà che non adoro le passerelle. Ci andrò invece quando ci sarà meno attenzione mediatica».

Il procuratore della Repubblica Ludovico Vaccaro afferma: «Per i braccianti non c’era posto in ospedale»
«È tutta una filiera: dalla dignità nella salute alla dignità nel posto di lavoro, nei mezzi di trasporto. Lì non c’è lo Stato e non c’è la legalità. E non c’è quest’ultima anche nel momento in cui faccio lavorare persone che sono irregolari nel nostro Paese».

Ce l’ha con i migranti?«
Noi non abbiamo bisogno di schiavi».

Il vicepremier Luigi Di Maio invoca un concorso per gli ispettori del lavoro. Può essere una soluzione?
«Sono dell’idea che sia fondamentale tutto quello che serve per fare maggiori controlli. Se si mettono più forze di polizia, più ispettori e si applica la legge, io sono un ministro felice. Sia per la dignità dei lavoratori sia per l’immagine che il nostro Paese dà all’estero. Le faccio un esempio».

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«In Australia una nota marca fa una campagna mediatica contro i prodotti italiani perché utilizzano gli schiavi per la raccolta dei pomodori».

Qualche mese fa Salvini aveva criticato la legge sul caporalato con queste parole: «Invece di semplificare, complica». Si trova d’accordo?
«Noi non l’abbiamo votata perché ci sembrava il classico spottone del governo. Ci dava quell’impressione. Vorrei adesso capire se questa legge consente alle aziende di operare contro il caporalato».

Quali sono i punti deboli della legge?
«Non ne trovo. Ed è per questo che voglio confrontarmi con chi la legge la subisce sulla propria pelle. In sintesi direi che c’è poca applicazione da parte delle aziende e poca iniziativa nel farla rispettare».

Quindi la colpa è anche degli imprenditori
«Secondo me hanno una responsabilità. Nel Foggiano, ad esempio, su 31 mila aziende solo 7 mila aderiscono al Rea, che è il registro delle aziende agricole che hanno sottoscritto la legge sul caporalato. Perché tutte le altre non lo fanno? Perché la legge non va bene? Perché si servono del caporalato?»

È un fenomeno che riguarda solo il Sud o anche il Nord?
«Sta arrivando anche al Centronord. Ma la ricetta è una soltanto: più Stato».

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