24 agosto 2018 - 22:34

Moavero Milanesi: «Pagare i contributi un dovere». La bacchettata spiazza Salvini e Di Maio

Il ministro degli Esteri ospite di Comunione e Liberazione al Meeting: «I migranti sono persone vanno trattati come tali»

di Dario Di Vico

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Nutrire un sentimento autenticamente europeista e fare il ministro degli Esteri di un governo euroscettico richiede doti di alta diplomazia e qualche consuetudine con l’arte che ha reso famoso Houdini. Per farla breve ieri per Enzo Moavero Milanesi è stata un’ennesima giornata difficile. Ospite di Comunione e Liberazione al Meeting dell’Amicizia il ministro aveva preparato per il panel, che l’avrebbe visto impegnato con il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, una riflessione coraggiosa-critica sulle proposte di riforma dell’Eurozona sostenute dalla commissione Juncker ma l’emergenza della nave Diciotti l’ha obbligato a correggere, almeno in parte, il tiro.

A cominciare da un’affermazione di principio che in questi giorni non può che suonare come una presa di distanza dal tambureggiante storytelling salviniano: «I migranti sono persone e vanno trattati come tali». Se non bastasse, nella sua veste di ministro molto apprezzato a Bruxelles, Moavero non ha potuto esimersi dal bacchettare l’altro vicepremier Luigi Di Maio, che aveva minacciato lo stop dei contributi italiani alla Ue in caso di mancata collaborazione alla redistribuzione dei migranti. «Pagare i contributi alla Ue è un dovere legale degli Stati membri. Ci confronteremo su queste e altre questioni», sono state le parole con il quale il responsabile degli Esteri ha ricordato al suo più giovane e inesperto collega le regole comunitarie.

Moavero ha continuato sostenendo che al di là del caso Diciotti «servirebbe un’effettiva volontà dei governi europei di condividere le questioni relative ai migranti e non lasciarle decidere alla geografia del nostro Continente». Anche per questo prima di partire per Rimini giovedì a Roma Moavero aveva incontrato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, per sondarlo sulla disponibilità di Budapest ad accogliere almeno una parte dei migranti della Diciotti. Tentativo andato a vuoto per la contrarietà dell’interlocutore nonostante l’annuncio del prossimo incontro milanese tra Matteo Salvini e il premier Orbán. Il ministro degli Esteri italiano è cosciente del legame che corre tra le irrisolte questioni delle migrazioni e il confronto che si aprirà a breve in sede comunitaria sulle scelte di politica economica del governo di Roma e ha tutta l’intenzione di seguire con lo stesso rigore e lo stesso grado di diplomazia questa partita. Anche perché quando c’è da criticare la Commissione europea non si tira indietro. Come per l’appunto ieri a Rimini quando ha osservato che «non è certo un peccato mortale parlare di titoli di eurobond, visto che un limitatissimo debito Ue del 4% darebbe cinque volte le risorse di cui dispone la Ue» e consentirebbe a Bruxelles di dotarsi di una vera politica di finanziamento dello sviluppo.

L’iniziativa che però lascia addirittura «sconcertato» Moavero è quella che riguarda la direttiva chiamata a mitigare il trattato di Stabilità, il fiscal compact, e che prevede di affievolire le possibilità di deroga, oggi presenti, spostando il focus dall’indebitamento annuale — il deficit — al debito pubblico. Novità che per un Paese come l’Italia «non è una buona notizia» ha sottolineato il ministro. Più in generale per Moavero, condividere una stessa moneta che rappresenta un valore senza condividerne a pieno i rischi fra Stati che mantengono una sovranità economica «rappresenta un azzardo nella costruzione di una nuova realtà». Per il ministro, proprio questo aspetto è il motivo in base al quale già dalla firma del trattato di Maastricht del 1992 si parla della sua riforma.

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