15 aprile 2018 - 22:04

Di Maio, segnali al Pd: «Il centrodestra unito è un danno al Paese»

Il leader dei 5 Stelle a Vinitaly evita di incontrare Salvini ma a distanza ribadisce il suo «no» a Silvio Berlusconi: «Chi si ostina a volerci propinare questa immagine di centrodestra unito, offre una strada non percorribile e che potrebbe essere un danno per il Paese»

di Alessandro Trocino

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Un bagno di folla lungo tre ore, con strette di mano praticamente a tutto il Vinitaly, tranne che a un visitatore lombardo speciale, Matteo Salvini. Luigi Di Maio evita accuratamente di incrociare il leader leghista, con il quale le trattative di governo sembrano languire. Il leader dei 5 Stelle preferisce una passeggiata mediatica, sulla scia dei molti altri leader che si avvicendano tra i padiglioni, da Elisabetta Casellati a Maria Stella Gelmini e Giorgia Meloni, fino a Maurizio Martina.

A Salvini, che lo invitava a fare di più, bevendo un goccio dell’eccellente vino valtellinese «Sfursat», Di Maio replica a distanza. Ribadisce il suo no a Silvio Berlusconi e sollecita nuovamente Salvini a uscire dalla morsa del Cavaliere: «Chi si ostina a volerci propinare questa immagine di centrodestra unito, offre una strada non percorribile e che potrebbe essere un danno per il Paese». Replica a distanza Anna Maria Bernini, capogruppo dei senatori forzisti: «Il vero danno lo produce il M5S quando con veti, insulti e volgarità, trasmette un messaggio di impotenza». Ma Di Maio ribadisce le sue posizioni: «Vogliamo dare un’opportunità di cambiamento. Voglio fare un appello al senso pratico di tutti, anche al Pd: non ci si può bloccare su logiche politiche».

Dunque, ancora un appello a Lega e Pd, indifferentemente. Del resto, anche sui vini Di Maio non sceglie: «Non ho preferenze, prima devo assaggiarli». Il Pd, in realtà, non sembra intenzionato ad assaggiarlo, almeno a sentire Maurizio Martina: «Di Maio parla sempre dei due forni — dice il leader dem seduto nello stand romano della Trattoria degli Amici — ma poi chi lo sente mai? Mi sembra evidente che abbia già scelto». Non che Martina abbia tutta questa voglia di sentirlo: «Credo che la strada più probabile ormai sia quella di un governo a due, Di Maio-Salvini. Anche se i due sono astemi».

Scherza Martina, visto che nessuno dei due è astemio. Anche se Di Maio è sicuramente più morigerato: «Lei mi vede ubriaco?», chiede a un visitatore che invita i due a sbronzarsi, a fin di bene, per fare un governo. Il leader dei 5 Stelle assaggia poco, soprattutto bianchi, e vede il vino «in maniera molto seria»: auspica che venga data esecuzione al Testo Unico del Vino e che «si vinca in Europa la battaglia sulla Pac». Poi celebra il vino come «strumento di dialogo».

Eppure qui a Verona i due leader non dialogano affatto. Ci si aspettava un patto dell’Amarone, ma non brinda neanche a Prosecco. I due duettano a distanza di sicurezza, visitando gli stand dei produttori più noti (neanche un passaggio da Vivit, sezione di vini naturali e artigiani).

Di Maio è accompagnato dalla nuova e discretissima compagna Giovanna Melodia, dal fedelissimo Pietro Dettori e dal deputato veronese Mattia Fantinati, che ha preparato gli incontri con i produttori. La folla si divide tra chi acclama, chi si lamenta e chi lo prende in giro. Ma Di Maio tira dritto e stringe mani, prima di ripartire per Udine, per un incontro con gli elettori.

E il governo? Per ora ci si deve accontentare di un auspicio: «Abbiamo terminato il secondo giro di consultazioni, ora il Presidente della Repubblica prenderà le sue decisioni. Ci tengo a dire che il M5S ha piena fiducia nel capo dello Stato». Anche Fantinati è fiducioso: «Sono sicuro che il prossimo anno Di Maio tornerà. E tornerà da premier».

Manca solo il brindisi, ma per quello bisogna aspettare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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