18 aprile 2018 - 08:20

Di Maio vuole la Lega: ‘Mi fido di Salvini, ma deve muoversi in 7 giorni’

Il capo politico del Movimento 5 stelle: «Se non ci sono mosse, non restano che il Pd o le urne». Il vertice a pranzo con Davide Casaleggio

di Alessandro Trocino

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ROMA — Crederci, ci credono ancora. Nonostante tutto. Nonostante le mille dichiarazioni di fedeltà di Matteo Salvini a Silvio Berlusconi, nonostante le punture di spillo reciproche e nonostante un probabile incarico esplorativo che sonderà il centrodestra. Luigi Di Maio lo dice da tempo e ieri lo ha ripetuto ai suoi: «Io mi fido di Salvini ma gli do una settimana di tempo per decidere. Poi, se non si muove, non resta che il Pd. O le urne». Ma i 5 Stelle hanno anche un’ altra speranza. Confidano nel fallimento dell’ incarico esplorativo a Elisabetta Casellati, se ci sarà, e sperano addirittura che venga incaricato Giancarlo Giorgetti: «Se fallisce lui, è chiaro che il centrodestra non può andare da nessuna parte». Ma confidano anche in una moral suasion da parte del Quirinale per far partire, dopo il primo tentativo, un esecutivo guidato da Di Maio, con la Lega alleata. E anche per questo, nelle ultime settimane, i 5 Stelle hanno fatto una virata filoatlantica. Nella speranza che il Quirinale non prosegua con un mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico, che metterebbe in difficoltà il Movimento.

Molte certezze in questi giorni sembrano incrinarsi. Di Maio si riunisce a colazione con Pietro Dettori (nuovo responsabile del Blog delle Stelle) e con Davide Casaleggio, ufficialmente solo un tecnico informatico che si occupa di Rousseau, oltre che figlio del fondatore. Il momento è difficile, perché Di Maio sa bene che ancora non ci sono tutte le condizioni perché si verifichi il piano A, ovvero un esecutivo con la Lega, guidato da lui stesso.

Serve innanzitutto che Salvini scarichi Berlusconi. I rumors raccontano che da giorni in Forza Italia è al lavoro un drappello di «responsabili», sul modello dei verdiniani dell’ ultima legislatura, pronto a sganciarsi dal Cavaliere e ad appoggiare un qualunque governo, anche M5S-Lega, pur di non tornare a casa. In questo caso Salvini potrebbe decidere di sganciarsi, anche se sarebbe una mossa molto azzardata. L’ altra prospettiva, che in molti anche dentro i 5 Stelle cominciano a ventilare, è che si chieda ufficialmente a Di Maio di farsi da parte. È la logica dei due passi indietro: quello di Berlusconi e il suo, che consentirebbe di far partire un esecutivo. Prospettiva che a qualche dirigente dei 5 Stelle non dispiacerebbe affatto. Ma che naturalmente Di Maio non apprezza.

E allora, se niente andasse per il verso giusto, non resta che percorrere l’ ultima strada prima del voto, ovvero la convergenza con i dem. Da giorni si rincorrono i rumors che parlano di un avvicinamento. E l’ uscita di ieri di Maurizio Martina, con tre punti programmatici che cominciano con il reddito di inclusione, sembra andare in quella direzione. In realtà, di contatti veri non ce ne sono stati e sono in molti a credere impossibile un esecutivo guidato da due forze che finora si sono considerate alternative. Al Pd, le aperture servono soprattutto a non farsi accusare di irresponsabilità e di essersi rifugiati sull’ Aventino. Ai 5 Stelle servono, invece, per alzare il prezzo dell’ accordo con la Lega. Che resta il vero obiettivo per far partire la legislatura.

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