21 aprile 2018 - 21:35

Le due strade di Matteo Salvini: così riesco a prendere tempo

Un governo tra M5S e Pd? «Siamo a cavallo, in un anno di opposizione continuiamo a svuotare i voti di Forza Italia e trionfiamo alle Europee». I contatti tra Fico e Giorgetti. IN una giornata in cui si rincorrono voci «sull’accordone definitivo»

di Tommaso Labate

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«Al momento non c’è un accordo con Di Maio che preveda la fine della nostra alleanza con Berlusconi». Telegrafici come non mai, alle otto di sera, al termine di una giornata in cui boatos incontrollati e incontrollabili davano per imminente «l’accordone definitivo», nel sancta santorum della Lega negavano con forza la chiusura del patto di governo tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ma il fatto che tra i due non ci sia la formalizzazione dell’accordo, almeno «al momento», non vuol dire che i due fronti non continuino a muoversi insieme. Basta mettere in fila i tasselli di un puzzle che pare sempre più complicato. Salvini che sceglie una giornata di silenzio ed evita di sentire Berlusconi, nonostante le frenate di quest’ultimo sull’alleanza col Pd. Di Maio, con cui invece si sente eccome, che incensa «il gran lavoro che si può fare con Salvini». E soprattutto i contatti sotterranei tra i due che si annunciano come i protagonisti assoluti della prossima settimana: Giancarlo Giorgetti e Roberto Fico.

I jolly dei due schieramenti si sono telefonati molto, nelle ultime quarantotto ore. E dev’essere senz’altro figlia del contenuto di queste telefonate l’ostentata tranquillità del week-end di Salvini, che oggi tornerà in Friuli. Perché, all’indomani della rabbia contro l’affondo di Berlusconi nei confronti dei Cinquestelle, che ha generato una guerra notturna tra il quartier generale di via Bellerio e la villa di Arcore (Berlusconi, poi, ha ammorbidito i toni), il segretario federale della Lega sente che la sua può trasformarsi in una partita vincente.

Perché sembra avere due piani, in tasca, Salvini. «Mettiamo caso che Fico riesca a portare a casa un governo M5S-Pd? Siamo a cavallo, in un anno di opposizione continuiamo a svuotare i voti di Forza Italia e trionfiamo alle Europee», ragiona a voce alta uno dei pochi leghisti di prima fascia che si sbilancia su quello che potrà accadere. E se fallisse? Ecco che si ritorna alla casella del via, come dopo un lancio di dadi al gioco del Monopoli. «Solo che a quel punto sarà passata una settimana, avremo vinto in Friuli e potremo davvero tessere la tela con Di Maio mettendo alle strette Forza Italia com’è successo con le presidenze delle Camere».

Perché è quello, proprio quello, che aspetta Salvini. Che la situazione sia talmente bloccata da richiedere una forzatura, com’è successo nel venerdì nero del rapporto tra Lega e Fi che portò l’indomani all’elezione della Casellati. L’obiettivo che andava messo in sicurezza, nell’attesa, era la rottura dei ponti tra Berlusconi e il Pd. E l’ha ottenuto, con le dichiarazioni dell’ex premier di ieri. D’altronde, come Giorgetti s’è incaricato di dire a Berlusconi, «anche se Renzi rimanesse l’ultimo politico al mondo, Salvini in un governo con lui non ci starebbe mai». La ruota è pronta per ricominciare a girare. Salvini e Di Maio sono lontani. Eppure vicinissimi.

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