25 aprile 2018 - 22:18

Il Pd e l’alleanza con M5S, Renzi torna e sente la piazza: «Niente intesa o spariremo»

Show dell’ex premier a Firenze dopo un lungo silenzio. Il gelo con Mattarella

di Claudio Bozza, inviato a Firenze

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«Matteo non cadere in trappola coi grillini eh!». «Ci hanno chiamato mafiosi fino a ieri, e ora...», ripetono come un mantra i sostenitori che lo fermano per strada. «Matteo, se si fa l’accordo io mi dimetto», rincara il segretario del Pd fiorentino. Piazza Santa Croce: dopo quasi un mese di silenzio, che per uno loquace come lui equivale a un secolo, Matteo Renzi spunta a sorpresa alle celebrazioni per il 25 Aprile, a Firenze. Lo fa a modo suo, inforcando la super bici viola con giglio, che il cavalier Ernesto Colnago gli aveva regalato quando era premier.

Renzi, mentre poco più in là c’erano tafferugli tra polizia e antagonisti, per arrivare pedalando, e senza costrizioni, è uscito di casa senza avvisare la scorta. Un piano da regista consumato, di quelli che stanno dietro le quinte ma invece continuano a giocare un ruolo di primo piano. Telecamere e taccuini sono tutti per lui. I giornalisti gli chiedono di tutto, ma Renzi si divincola ed è lui che si mette a fare domande a raffica a chi gli chiede una foto: «Ma tu lo faresti un governo con i Cinque Stelle?». L’esito delle consultazioni di strada è a senso unico. «Macché, sei bischero (poco intelligente, ndr), così è la volta buona che si sparisce davvero. Noi siamo altro», è la risposta di un vecchio amico che sintetizza l’umore degli elettori democratici che fermano l’ex sindaco di Firenze lungo il corteo della Liberazione. Renzi sorride compiaciuto, come a far notare ai giornalisti, nemmeno troppo involontariamente: «Vedete, la gente la pensa come me: l’accordo col M5S non va fatto».

Questa uscita pubblica dell’ex leader, che però continua a tirare le fila del Pd, arriva in un momento molto delicato. Nel partito, l’ala governista che vuole un’intesa di governo con il Movimento si sta ingrossando. Renzi, nonostante i numeri negli organi dirigenti siano dalla sua, a taccuini chiusi racconta di sapere bene che esponenti di rilievo come Paolo Gentiloni, Dario Franceschini e Marco Minniti stiano spingendo per un esecutivo di salvaguardia del Paese. Ma lui, che ha messo ben da parte l’idea che gli era balenata di fondare un nuovo partito, sta sulla sponda opposta: «Se andiamo al governo con Di Maio siamo morti per sempre». La sponda su cui stanno i suoi oppositori è la stessa su cui corre la road map del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cui priorità sarebbe un governo M5S-Pd. E non è un caso che i rapporti tra Renzi e il capo dello Stato, già freddi da mesi, siano ormai prossimi allo zero. Il palcoscenico della Liberazione è un momento importante, scelto non a caso. Ad abbracciare Renzi arriva Silvano Sarti, presidente dell’Anpi fiorentina, nome di battaglia Pillo, primo partigiano che sdoganò «il ragazzo» estraneo alla filiera Pci-Pds-Ds durante la battaglia contro tutti per arrivare a Palazzo Vecchio.

C’è tempo per un abbraccio e una chiacchierata con il sindaco Dario Nardella, fino a quando il corteo arriva in piazza della Signoria per la cerimonia solenne. Il senatore fiorentino si mette in ultima fila, alla Nanni Moretti del «mi si nota di più, se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Renzi continua a starsene in disparte, metaforicamente ma non troppo. Tanto che il sottosegretario «lottiano» Antonello Giacomelli, da Prato se ne viene fuori con una dichiarazione sorprendente: «Renzi ritiri le dimissioni da segretario. Penso quindi che tocchi a lui condurre il partito in un confronto senza sconti e senza pregiudizi per dire tutti insieme in modo chiaro e trasparente al presidente Mattarella e al Paese se ci sono o non ci sono le condizioni perché il Pd assuma una responsabilità che fin qui non abbiamo in alcun modo previsto di assumere». Si aggiunge il capogruppo a Palazzo Madama Andrea Marcucci, che convoca tutti i senatori per il 2 Maggio: accordo con il M5S o ritorno alle urne? Una mossa che assomiglia molto a un test sulla tenuta delle truppe renziane in Parlamento. E mentre Renzi segue l’intervento di Nardella, dall’altro lato della piazza appare il ministro Luca Lotti. Anche lui «in disparte», ma sempre in prima linea in questa fase cruciale. Mentre Renzi fa sapere: «Ritirare le dimissioni? È un’ipotesi che non esiste».

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