15 dicembre 2018 - 23:34

Lega-M5s, il fastidio di Di Maio con l’alleato: dividono il Paese in ricchi e poveri

E il leader leghista evoca «i poteri forti» che vorrebbero mandare a casa il governo

di Monica Guerzoni

Lega-M5s, il fastidio di Di Maio con l’alleato: dividono il Paese in ricchi e poveri
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«È da sei mesi che ci vogliono far litigare...». Assediato dai giornalisti a Milano e intabarrato in un giaccone rossonero, Matteo Salvini respinge l’immagine di un’alleanza gialloverde dilaniata dagli scontri interni e allontana dalla Lega le responsabilità delle divisioni con il M5S. Ma l’affermazione di Giancarlo Giorgetti sul reddito di cittadinanza che «piace all’Italia che non ci piace» brucia e, per placare gli animi dei suoi, Luigi Di Maio ha chiesto al ministro dell’Interno di metterci una toppa.

Rammendare lo strappo alla tela della maggioranza senza litigare con il sottosegretario a Palazzo Chigi non era cosa facile per Salvini e così il leader leghista sceglie la risposta con cautela e assicura che a lui «piace tutta l’Italia che aiuta gli ultimi». Ma quando gli fanno notare che la sua affermazione è in contrasto con quella del numero due della Lega, il ministro dell’Interno chiama in soccorso il contratto: «Giorgetti? Io sono d’accordo con quello che abbiamo firmato».

Le parole dicono che la pace, ancora una volta, va cercata tra le righe delle tavole della legge su cui il governo è nato, eppure per capire cosa passa nella mente di Salvini bisogna guardare gli occhi. L’espressione catturata dalle telecamere è seria, quasi cupa e tradisce un mix di tensione, imbarazzo e preoccupazione. Non c’è solo l’estenuante trattativa sulla manovra economica respinta dai vertici dell’Europa, che ha costretto i leader della Lega e del M5S a sconfessare parte degli impegni presi con i rispettivi elettorati. C’è che appena si chiude un fronte di scontro se ne apre un altro, dalle pensioni d’oro all’ecotassa. E per quanto Salvini abbia dato incarico ai suoi di attribuire ogni turbolenza a «esagerazioni della stampa», le dichiarazioni pubbliche bastano a confermare quanto instabile sia ormai l’assetto della maggioranza.

Dopo Giorgetti, adesso anche il capogruppo stellato Francesco D’Uva intervistato da Maria Latella evoca il voto «se le cose non dovessero andare». E lancia a Salvini due avvertimenti, che corrispondono ai timori che più allarmano i vertici del Movimento. Primo monito, chi tocca il contratto «tradisce gli elettori». Secondo, guai a scaricare il M5S per fare un governo con Berlusconi.

Il più infuriato è proprio il capo politico, che non accetta di vedere messa in discussione la maggiore leva di consenso per il Movimento. «Dicendo che il reddito piace all’Italia che non piace alla Lega Giorgetti ha passato il limite», è lo sfogo che Di Maio ha condiviso con i suoi. Il sottosegretario «ha spaccato il Paese tra ricchi e poveri, tra Nord e Sud». Ha sferrato «un attacco agli italiani, soprattutto quelli che hanno maggiori difficoltà». Riflessioni riservate di cui resta traccia anche nelle dichiarazioni pubbliche, in cui Di Maio afferma «con orgoglio» (e una buona dose di rivalsa) che a lui l’Italia «piace tutta, da Nord a Sud».

Il sospetto che si fa largo tra i parlamentari più vicini al ministro del Lavoro è che l’uscita del big leghista sia frutto di una tattica ormai collaudata. Un modo per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle pensioni d’oro, misura che Di Maio ritiene molto popolare e attesa. «Ogni volta che noi stiamo per incassare un successo — è la tesi del M5S — Salvini o Giorgetti la sparano grossa su un altro fronte. Hanno fatto così anche con gli inceneritori, per coprire la prescrizione». Se i 5 Stelle sono agitati, i leghisti non lo sono meno. L’insistenza con cui Salvini si appella al Popolo (con la maiuscola) e accusa i «poteri forti» di voler terremotare il governo, autorizza a pensare che il Capitano cominci a mettere le mani avanti nel timore che gli «zero virgola» e le risse interne finiranno per abbattere l’esecutivo sovranista.

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