14 luglio 2018 - 22:08

«Manomissioni nel decreto Dignità». Di Maio attacca, lite tra ministeri

Il caso degli «80 mila posti di lavoro persi» che sarebbe stato inserito nel decreto da una «manina». Ma il ministero nega qualsiasi intervento

di Giuseppe Alberto Falci

Luigi Di Maio (LaPresse)
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Evoca il complotto Luigi Di Maio da parte di una «manina» che si anniderebbe negli uffici del ministero dell’Economia e della Ragioneria generale. E lo fa servendosi della relazione tecnica al decreto dignità dalle cui tabelle emerge una perdita di posti lavoro pari a 8.000 all’anno per dieci anni, fino al 2028. Ecco, per Di Maio è tutto falso: «Mi faccio proprio una risata — interviene in video su Facebook — perché 80 mila posti in meno è un numero che non sta da nessuna parte». Il vice premier respinge ogni critica — «ho contro lobby di tutti i tipi» — e disconosce il numero presente nella relazione allegata al decreto dignità: «Nella relazione c’è scritto che questo dl farà perdere 8 mila posti di lavoro in un anno. Ci tengo a dirvi che quel numero è apparso la notte prima che il decreto legge venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dal governo».

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A questo punto il ministero dell’Economia smentisce la versione di Di Maio. Fonti di via XX settembre fanno filtrare che il dato degli 8 mila posti di lavoro a rischio era già contenuto nella relazione tecnica arrivata al dicastero. Ma c’è di più. I Cinque Stelle sono infuriati e riferiscono all’Ansa che ci sono «responsabilità da parte di uomini vicini alla squadra dell’ex ministro Padoan». E si fa strada l’idea di uno spoil system «per togliere dai posti chiave chi mira a ledere l’operato di governo e M5S». Accuse pesantissime che costringono questa volta Padoan a replicare duramente: «Non ho sentito quanto affermano dal M5S, ma se insinuano che qualcuno della mia ex squadra si sia comportato scorrettamente, magari perché sobillato, lo respingo sdegnosamente. Sarebbero accuse di gravità incredibile».

Il botta e risposta non si placa. Nel pomeriggio Di Maio, nel corso di un comizio a Matera, è un fiume in piena. Prima controreplica all’ex ministro dell’Economia dei governi Renzi e Gentiloni: «Padoan mi sembra che abbia la coda di paglia, non l’ho mai nominato». Poi il vicepremier — incassato l’appoggio di Matteo Salvini («Se ci sono state incursioni notturne sulle relazioni non lo so, non faccio l’investigatore, ma il decreto Dignità è un’ottima iniziativa a cui si potrà apportare qualche miglioria senza stravolgere il senso del testo») — definisce l’episodio «un colpo basso», annuncia entro 10 giorni «nuove regole per candidarsi con il Movimento cinque stelle», e infine interviene su uno dei cavalli di battaglia: «Perché venirmi a dire che non posso abolire la pubblicità sul gioco d’azzardo? Perché c’è qualche squadra di calcio che perde i soldi per pagare Cristiano Ronaldo 400 milioni di euro? Abbiate pazienza, non me ne frega».

Sullo sfondo le opposizioni rumoreggiano. Il segretario del Pd Maurizio Martina ironizza: «Il ministro dello Sviluppo economico contro il ministro del Lavoro per gli oltre 80 mila posti in dieci anni che si perderanno con il decreto dignità. Altro che complotto #dimaiocontrodimaio». Gli fa eco Calenda: «La relazione economica a sua insaputa». Da Forza Italia attacca Maria Stella Gelmini: «Il Mef sbugiarda tutti. Governo Zelig».

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