22 luglio 2018 - 22:53

Migranti, gli sbarchi lacerano l’Italia. Ma la «debolezza di Stato» spaventa più dello straniero

Sulla percezione noi più divisi dei Paesi con molti rifugiati. Non sorprende se solo il 18% degli italiani consideri positivo l’impatto dell’immigrazione, mentre il 59% lo valuti come «globalmente negativo»

di Federico Fubini

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Le migrazioni dividono l’opinione pubblica in tutti i Paesi europei, ma in uno più degli altri. In Italia le fratture di fronte alle immagini degli sbarchi e alle 600 mila richieste di asilo negli ultimi quattro anni sono più numerose che in paesi con molti rifugiati come Francia o Olanda e la battaglia civile per la persuasione delle coscienze è aperta più che mai. Lo è, a maggior ragione, perché ciò che porta gli italiani a deprecare i rifugiati e gli stranieri in genere è piuttosto la percezione della debolezza del sistema nazionale che una vera ostilità verso chi è diverso.

Paure identitarie radicate

Sono le conclusioni di un’inchiesta fatta di sondaggi e indagini su gruppi selezionati che More in Common, una rete internazionale attiva sui problemi della convivenza, ha svolto in Italia con Ipsos. Le conclusioni immediate parlano da sole e, con domande poste all’inizio della campagna elettorale, prefigurano i risultati del voto del 4 marzo. Il 53% dei cittadini vede nell’Italia una nazione debole e solo il 5% la dipinge come aperta, ottimista e fiduciosa. La stragrande maggioranza indica nella disoccupazione, non nell’immigrazione, il problema nazionale. Eppure le paure identitarie sono più radicate di quanto i partiti moderati non abbiano mai compreso: metà della popolazione interrogata riferisce di essersi sentita, a volte, straniera nel proprio Paese e il 59% teme che l’identità nazionale stia scomparendo. Non sorprende se solo il 18% degli italiani considerino positivo l’impatto dell’immigrazione, mentre il 59% lo valuti come «globalmente negativo». In parte vengono addotte ragioni di natura economica («gli stranieri sono disposti a lavorare di più per una paga più bassa»). Ma a quanto pare gli argomenti puramente razionali («gli stranieri pagano per le nostre pensioni») convincono solo chi non ha bisogno di esserlo, perché lo è già. Nel frattempo risultano molti di più gli italiani convinti che gli stranieri non facciano sforzi per integrarsi (44%) piuttosto che il contrario (29%).

«Moderati disimpegnati»

Questa è la parte prevedibile del sondaggio di More in Common e Ipsos, alla luce del 4 marzo. Perché poi c’è l’altra, quella che va a fondo sulle motivazioni. Qui gli italiani sembrano un popolo più frustrato dalla cattiva gestione dei flussi, che ostile agli stranieri in sé (il 72% sostiene il diritto di asilo, il 61% teme un aumento del razzismo). Quanto meno una quota importante dell’opinione pubblica (48%) non è pregiudizialmente né a favore né contro l’immigrazione. Non è né chiusa come il gruppo dei tradizionalisti e dei «nazionalisti ostili» (24%), né aperta a priori come quel 28% fatti di «cosmopoliti» (prevalentemente di centrosinistra) e i «cattolici umanitari» (di solito elettori del Pd e di Forza Italia). Gran parte degli italiani nel mezzo, smarriti, divisi e preoccupati. Segmenti così variegati che nella stessa indagine in Francia, Germania o Olanda non si trovano. C’è un 19% di «moderati disimpegnati», spesso giovani preoccupati del proprio futuro e elettori di M5S, che capiscono bene la questione migratoria, si considerano essi stessi potenziali migranti ma hanno troppi problemi per pensare davvero agli stranieri. C’è un 17% di «trascurati», disoccupati o precari adulti, elettori spesso della Lega che deprecano i migranti che trovano davanti a sé nelle file in ospedale o per le case popolari. Infine c’è un 12% di «preoccupati per la sicurezza», dai piccoli reati al terrorismo. Non sono gruppi a priori ostili agli immigrati in sé, ma italiani che vorrebbero soprattutto una risposta più efficiente del sistema ai loro problemi concreti di oggi.

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