28 luglio 2018 - 22:50

Il governo e la luna di miele continua, a Conte il 61% dei consensi. È sopra i due vicepremier

Di Maio e Salvini apprezzati da un italiano su due. Se paragonato ai consensi dei governi degli ultimi 12 anni (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni) è il dato in assoluto più alto

di Nando Pagnoncelli

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I governi, quasi tutti, all’atto del loro insediamento godono normalmente di un consenso elevato. È la cosiddetta «luna di miele», un fenomeno tipico, che dà conto soprattutto delle grandi attese che i cittadini riversano sulla nuova compagine. Nel nostro Paese è così da tempo, anche perché dal 1994 c’è sempre stata, sia pur in forme a volte spurie, un’alternanza forte: a ogni elezione cambiava il colore del governo. Ogni volta si produce un’importante attesa di cambiamento. Il governo Conte non deroga da questa regola, ma accentua e rafforza nettamente la relazione con gli elettori. Oggi il governo gode dell’apprezzamento del 61%, con un indice (cioè la percentuale di voti positivi su chi si esprime, escludendo i «non sa») del 68. Se lo paragoniamo ai consensi dei governi succedutisi negli ultimi 12 anni (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni) è il dato in assoluto più alto. Frutto di tre elementi: il primo e più rilevante è la crescita nei sondaggi dei consensi alla Lega e la stabilizzazione dei 5 Stelle. Da sole, queste due forze, superano il 60% dei voti validi nelle ultime stime. Pesa poi il fatto che anche tra le opposizioni di centrodestra (Forza Italia e Fratelli d’Italia) il consenso per il governo supera i tre quarti degli elettori. In sostanza all’opposizione rimane solo il centrosinistra dove le opinioni negative assommano a circa l’80% (ma quasi un quinto apprezza). Infine, il governo ha dato priorità a temi che fanno breccia anche in una parte dell’opposizione, migranti e lavoro in primis.

Notorietà vicina al 90%

Il consenso diretto per il premier Conte mantiene le stesse dimensioni, addirittura con un piccolo miglioramento, tanto che l’indice di apprezzamento sale a 69. Anche in questo caso con la stessa trasversalità vista per il governo e con una piccola crescita negli apprezzamenti del centrosinistra. La leadership del governo attuale è però caratterizzata dalla presenza evidente, in qualche caso per il premier ingombrante, dei due vice, Salvini e Di Maio. Largamente conosciuti dagli elettori, con una notorietà vicina al 90% degli intervistati, il loro apprezzamento è di alcuni punti inferiore a quello di governo e premier: Salvini ha un indice del 60, Di Maio del 58. Emergono per loro, leader politici altamente caratterizzati, alcuni elementi critici. Per Salvini il consenso è un po’ più contenuto presso gli elettori M5S (comunque vicino al 70%), compensato però da un elevato apprezzamento nell’opposizione di centrodestra. Per Di Maio è elevato il consenso anche tra gli elettori leghisti (vicino all’80%) ma emergono critiche tra gli elettori FI e FdI.

I più conosciuti

Per i ministri, la notorietà è diversificata. Conosciuti da una percentuale tra il 50% e il 60% sono, nell’ordine: Toninelli, Savona, Bongiorno, Grillo e il sottosegretario Giorgetti. Tra il 40 e il 50%: Tria, Bonafede e Centinaio. Solo per loro c’è una notorietà sufficiente per misurare, con affidabilità, l’apprezzamento. Il più apprezzato è Danilo Toninelli, con un indice di 56 e un consenso trasversale, seguito da Giulia Grillo, che ottiene uno dei migliori risultati tra i 5 stelle ma convince meno leghisti e centrodestra. Al terzo posto Giulia Bongiorno, poco gradita al centrodestra, quindi Paolo Savona, trasversale alle due forze maggiori, e Giovanni Tria, per cui emerge una risicata maggioranza tra leghisti e M5S, ma un buon riconoscimento nel centrodestra e nel centrosinistra, tra i cui elettori è il più apprezzato. Chiudono esponenti un po’ più divisivi nella maggioranza: Giorgetti, con il consenso più basso tra tutti presso i 5 stelle, Centinaio, più apprezzato dai leghisti, Bonafede, guardato con sospetto da leghisti ed elettori di centrodestra.

Cambio di paradigma

Il gabinetto Conte manifesta una netta crescita nei due mesi di governo (dal 60 dell’insediamento al 68), un fenomeno interessante per trasversalità e consistenza. Molto si è detto della compattezza e della tenuta della maggioranza e in questo senso i segnali (da ultima la polemica tra Fontana e Spadafora) sono numerosi. Ma siamo di fronte a un cambio di paradigma (o a una crisi di sistema, come altri dicono). La forza del governo sta nel modo diretto di rivolgersi agli elettori, nella semplicità dei messaggi, nella schiettezza dei termini. Certo, si tratta di valutare la concretezza degli atti e le loro ricadute, ma è probabile che queste modalità non rientreranno e sarà necessario, anche per le opposizioni, adeguare forme e contenuti al nuovo corso.

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