16 maggio 2018 - 23:18

E nel negoziato per il governo entra la poltrona di commissario Ue

Di Maio ha offerto alla Lega la scelta del rappresentante in Europa nel 2019. Dal Colle: «Per la presidenza del Consiglio servirà una personalità che sappia dare del tu a Merkel e Macron»

di Francesco Verderami

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Quando ha ricevuto le delegazioni di Cinquestelle e Lega al Quirinale, Mattarella ha affrontato il tema con Di Maio e Salvini. E per essere certo di farsi comprendere fino in fondo ha preferito semplificare l’argomento, affidando ai suoi interlocutori lo stesso promemoria: «Per la presidenza del Consiglio servirà una personalità che sappia dare del tu a Merkel e Macron». Le preoccupazioni del capo dello Stato non sono certo legate al profilo caratteriale di chi gli sarà proposto per palazzo Chigi, bensì alle sue doti, alla sua capacità di misurarsi con i problemi del Paese e dovrà confrontarsi sui dossier più complessi a livello europeo e internazionale.

Braccio di ferro

Perciò la questione della premiership rappresenta il nodo più difficile da sciogliere per il capo del Movimento e per il leader del Carroccio, siccome le esigenze istituzionali dettate dal Colle si intrecciano con le difficoltà politiche di raggiungere un compromesso. Il braccio di ferro sulla presidenza del Consiglio non è una mera questione di potere, ha un valore sistemico per due forze che erano (e per ora si propongono) come alternative, e tuttavia scommettono su un accordo di governo per l’intera legislatura. Se così fosse, il «prescelto» diverrebbe inevitabilmente l’icona della inedita alleanza giallo-verde, il punto di riferimento della nuova stagione politica al cospetto dell’opinione pubblica. Con conseguenti riflessi elettorali.

Richiesta «insostenibile»

Oltre la trattativa sul programma, è questo il vero problema che non è stato finora risolto. E che si ripropone oggi con le stesse logiche di due mesi fa: M5S rivendica la guida del governo in virtù dei rapporti di forza con l’alleato. La richiesta di palazzo Chigi per Di Maio è stata considerata «insostenibile» da Salvini, sia per i problemi che gli provocherebbe nella base di riferimento al Nord, sia per il rischio di incrinare definitivamente il rapporto già compromesso con Berlusconi. I nomi di mediazione proposti dai grillini potrebbero non corrispondere al «promemoria» di Mattarella, perciò la Lega ha tentato di giocare la carta Giorgetti, dotato di un curriculum riconosciuto. Una mossa alla quale Di Maio ha risposto offrendo per compensazione una serie di ministeri pesanti. Ma soprattutto garantendo al Carroccio la possibilità di scegliere il futuro commissario europeo italiano l’anno prossimo.

Traguardo storico

Ecco la novità: nel risiko di governo viene introdotta una variabile che avrebbe un peso nello scenario nazionale e in quello comunitario. Per l’Europa sarebbe la prima volta che un rappresentante del fronte sovranista entrerebbe nella stanza dei bottoni a Bruxelles. Sarebbe un traguardo storico che potrebbe bissare — se i sondaggi fossero confermati con il voto europeo — l’affermazione dell’area euroscettica sugli scranni di Strasburgo. E conquistare un posto in Commissione oltre al surplus di seggi nell’Europarlamento, vorrebbe dire mutare gli equilibri nell’Unione. E insieme anche quelli nazionali.

Processo di mutazione

Perché è chiaro che a quel punto cambierebbe la natura del rapporto tra M5S e Lega, e il «contratto» di legislatura si trasformerebbe in una vera e propria alleanza. Così anche la geografia politica interna verrebbe sconvolta. D’altronde il processo di mutazione è in atto, non solo per le parole «europeiste» pronunciate dal Cavaliere al vertice del Ppe, ma anche per il primo voto registrato in Parlamento, dove ieri il centrodestra si è spaccato sul Def, e Forza Italia ha votato contro. Non sono certo bastate le rassicurazioni del capogruppo leghista Molteni ai colleghi azzurri, il fatto cioè che «stiamo concordando tutto con Berlusconi»: i forzisti temono l’eutanasia politica e prendono le distanze dall’alleato che intanto si sta alleando con i grillini .Insomma, la svolta di sistema si potrebbe realizzare con l’accordo di sistema per la premiership. Sempre che l’intesa tra grillini e leghisti resista per l’intera legislatura. È questa la scommessa nel Palazzo.

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