7 novembre 2018 - 23:07

Così il doppio mandato trasforma il M5S in un’«anatra zoppa»

Vincolo in bilico per trattare ad armi pari con la Lega. ll fatto è che ad aver raggiunto la seconda legislatura non è il solo Di Maio, ma la gran parte dei membri del governo e dei rappresentanti istituzionali

di Francesco Verderami

Così il doppio mandato trasforma il M5S in un’«anatra zoppa»
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È complicato per Di Maio tener testa a Salvini, e sono (anche) le regole del Movimento a metterlo in difficoltà, fino a zavorrarlo. Se la competizione con il leader del Carroccio è una sfida ad handicap, è perché nella faticosa gestione quotidiana il capo di M5S non può minacciare il ritorno anticipato alle urne, che nel gioco democratico può servire come exit strategy o come strumento di pressione politica al tavolo delle trattative di governo con gli alleati. Il vincolo del «doppio mandato» — che è il tratto distintivo dello statuto grillino — sottrae però allo stato maggiore dei Cinquestelle un’arma formidabile, e tatticamente lo pone in una condizione di svantaggio al cospetto della Lega. Il fatto è che ad aver raggiunto la seconda legislatura non è il solo Di Maio, ma la gran parte dei membri del governo e dei rappresentanti istituzionali: in base al regolamento i ministri Fraccaro, Grillo, Lezzi e Toninelli, i sottosegretari Buffagni e Castelli, il presidente della Camera Fico, la vice presidente del Senato Taverna — oltre a numerosi parlamentari — non potrebbero più ricandidarsi. Così l’intero vertice del Movimento è oggi un’«anatra zoppa», non è in grado cioè di esercitare appieno le sue funzioni perché di fatto considerato in scadenza.

«Il re è nudo»

Questa condizione sbilancia il rapporto con il Carroccio e influenza le dinamiche interne ai Cinquestelle, finendo per indebolire il controllo sui gruppi parlamentari. Ce n’è la prova con i cinque senatori che si sono rifiutati di votare ieri il dl Sicurezza: il fatto che siano stati segnalati ai probiviri è il tentativo di mostrare il pugno di ferro. Ma fino a un certo punto, perché non è alle viste una loro espulsione: il motivo non è solo legato ai numeri risicati del governo al Senato, il problema è che i vertici di M5S non hanno la forza politica per un simile atto di forza. A indicare il «re nudo» è stato nei giorni scorsi proprio uno dei «dissidenti», De Falco, che ha usato proprio il vincolo del doppio mandato per replicare a Di Maio: «Minaccia di cacciarmi? Ricordo che anche lui è a termine». Altro che «testuggine»: questo meccanismo riduce i margini di manovra del vice premier grillino con il vice premier leghista. Perché Salvini può giocare con due carte, il governo e il voto, mentre Di Maio ha solo la prima. L’altra ce l’ha Di Battista, che avendo ancora un mandato da usare si prepara a rientrare dalle vacanze sudamericane. E che ieri è tornato a ricordarlo: «Sulla prescrizione vedremo se la Lega sta con l’Italia o con Berlusconi». Il suo bersaglio non era il Carroccio, nel mirino aveva il capo di M5S, di cui vuole saggiare — al cospetto della base — la capacità di resistere all’alleato di governo su un tema che è un richiamo della foresta per i grillini: la giustizia. Senza la carta del voto anticipato, Di Maio — stretto nella morsa — potrà tentare di resistere fino alle Europee, che è considerata una possibile «dead line» della legislatura. Dopo, la sua condizione di «anatra zoppa» sarà ancor più evidente.

Un’altra «deroga»

Il leader del Movimento è consapevole del problema, che è al centro di conversari riservati in riunioni ristrette. Anche perché il «doppio mandato» è argomento tabù per i grillini. Ma nell’inner circle del vice premier se ne discute e non c'è dubbio che la questione sarà affrontata. Anche perché, se così non fosse, Di Maio vivrebbe una strana condizione: sarebbe capo politico per dieci anni senza poter più avere incarichi parlamentari o di governo. Servirà allora sfatare quel tabù. Un primo strappo alle regole è già avvenuto per il voto del 4 marzo, quando le «parlamentarie» sono state usate solo per i candidati del proporzionale, mentre i candidati sull’uninominale sono stati scelti in modo discrezionale. Un’altra «deroga» è allo studio per selezionare la squadra dell’Europarlamento. Ma il nodo politico è il doppio mandato: scioglierlo non sarà indolore.

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