12 novembre 2018 - 23:21

Manovra, parte la lettera per l’Europa Alt di Lega e M5S all’apertura di Tria

Il ministro dell’Economia vorrebbe ritoccare l’obiettivo sul Pil e un meccanismo di tagli automatici alla spesa. I vescovi: «Se i conti sono sbagliati, non c’è banca che ci salvi»

di Mario Sensini

Manovra, parte la lettera per l’Europa Alt di Lega e M5S all’apertura di Tria Il ministro dell’Economia Giovanni Tria a Bruxelles (Reuters)
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Manovra, parte la lettera per l’Europa Alt di Lega e M5S all’apertura di Tria

Servirà tutta la giornata di oggi, e una buona dose di impegno e di diplomazia, per mettere a punto la risposta del governo alla Commissione Ue, che chiede di modificare la manovra del 2019.Tra il ministero dell’Economia, Palazzo Chigi e i due vice premier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, le posizioni sulla linea da opporre a Bruxelles sono ancora molto distanti. Aperto al dialogo e a qualche concessione il titolare dei conti, Giovanni Tria. Indisposti a concessioni i capi di M5S e Lega.

Preso atto dell’ulteriore rallentamento dell’economia, Tria vorrebbe quanto meno ritoccare al ribasso l’obiettivo della crescita programmata per il 2019, così da rendere più credibili le coerenze della manovra. Portandola dall’1,5% previsto tre settimane fa a un più realistico 1,3%, senza con questo modificare l’obiettivo di deficit del 2,4%. Dal fronte del Movimento, però, sono arrivate chiusure nette, e dalla Lega forti perplessità.

La discussione è aperta e accesa, tra il Tesoro e i due partiti di maggioranza, anche sul meccanismo per blindare i conti e rassicurare Bruxelles. Alla Ue si confermerà che il deficit al 2,4% è un tetto massimo, ma bisogna trovare un meccanismo credibile per frenarlo in caso di scivolamento. Esclusa la possibilità di un aumento automatico delle tasse, che nessuno vuole, Tria propone un rubinetto sulla spesa.

Di Maio e Salvini oppongono forti resistenze, sapendo bene che le prime spese a essere sacrificate sarebbero quelle per il reddito di cittadinanzae quota 100 sulle pensioni, i rispettivi cavalli di battaglia politici ed elettorali, che assorbono 7 miliardi di euro ciascuno nel 2019. A maggior ragione l’ipotesi di un mini ritocco degli stanziamenti iniziali per il reddito e il superamento della Fornero, che poteva finire sul tavolo delle concessioni a Bruxelles, sembra poco praticabile.

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Alla Ue si chiederà di scomputare un miliardo di euro dalla spesa, da destinare all’emergenza «eccezionale» del dissesto idrogeologico. E si offrirà di rafforzare gli incassi delle privatizzazioni, stimati a 20 miliardi nel triennio, per puntellare il calo del debito. Nonostante le critiche della Ue, e sul fronte interno di Bankitalia, sindacati, imprese e anche della Cei («Se si sbagliano i conti non c’è una banca che ci salva» dicono i vescovi), la manovra per ora non cambia.

E se M5S e Lega resteranno sulla linea dell’intransigenza sarà difficile evitare la procedura di infrazione. Per quanto valide, le argomentazioni tecniche rischiano di servire a poco in un negoziato che ormai è solo politico. La prova, dicono nei corridoi del Tesoro, sono le ultime stime della Commissione, che indicano il deficit del 2019 al 2,9% appena un pelo sotto il 3%. «Una defaillance tecnica» disse a caldo Tria. La conferma che il negoziato tra governo e Ue si gioca ben oltre i numeri e i dati tecnici, dicono oggi al Tesoro.

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