30 novembre 2018 - 00:15

Conte e Tria, debutto al G20. Il ministro del Tesoro: l’infrazione si può evitare

Discorso del premier contro le «tendenze protezionistiche». Laurea honoris causa al capo del governo, che azzarda un parallelo tra Italia e Argentina

di Marco Galluzzo

Giuseppe Conte con Mauricio Macri a Buenos Aires (Getty images)
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BUENOS AIRES Ad ogni angolo del centro storico il popolo argentino non cambia abitudini per un summit: ragazzi, donne, anziani, vendono e comprano dollari al mercato nero, ad ogni ora del giorno e della notte. Il G20 che sta per iniziare, nel Paese che ha i tassi immobiliari più cari al mondo, ha messo proprio la parola «popolo», e il suo benessere economico, al centro dell’agenda dei lavori. Lo ricorda anche Giuseppe Conte, che mentre riceve una laurea honoris causa, fa un parallelo che appare sul filo del rasoio fra Argentina e Italia, fra i due Paesi e il suo governo: «Entrambi sappiamo quanto danno possono fare alcune distorsioni del commercio mondiale, ma il mio governo con ambizione sta cercando di tornare a quei livelli di fiducia che il nostro Paese conobbe ai tempi del miracolo economico». In effetti, visto dalla strada, dalle enormi difficoltà economiche degli argentini, il vertice che si apre è scivoloso per molti dei leader che vi parteciperanno. Scivoloso e anche contraddittorio: Conte cita Trump per dire che «il presidente americano ha detto che bisogna investire in Italia, che l’Italia non è un rischio per nessuno». È anche una risposta alle dichiarazioni che sono arrivate il giorno prima dalla Fed, eppure è sempre Conte, durante la sua lectio magistralis, a dire che «le nuove tendenze protezionistiche», quelle dell’alleato Trump, «rischiano di produrre spirali negative in cui tutti possiamo uscire perdenti».

Progressi ed enormi distorsioni

Le parole di Conte cercano di rassicurare i mercati: sulla manovra «stiamo cercando di ristabilire un clima di fiducia», anche grazie a «quei margini finanziari che siamo in grado di recuperare e che mi consentiranno un potere negoziale che eserciterò al tavolo» del confronto europeo. Negli stessi istanti, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, nei corridoi dell’Hilton di Porto Madero, dove dormono anche i vertici della Ue, dice che il confronto andrà avanti nella capitale argentina: «Stiamo discutendo, possiamo ancora evitare una procedura di infrazione». Nel grande bar della hall fa capolino per un attimo Jean-Claude Juncker, mentre in una saletta riservata dell’albergo, all’ora di cena, hanno un faccia a faccia proprio il commissario Affari economici della Ue, Pierre Moscovici, e il nostro ministro. Di sicuro, aggiunge Tria, anche lui rispondendo alle osservazioni della Federal reserve, all’ipotesi di un «caso Italia» per i mercati finanziari, «non crediamo di mettere a rischio nessuno, stiamo facendo un deficit del 2,4 che per gli standard internazionali è normalissimo». È curioso anche uno dei tratti della lezione che Conte, prima di ricevere la laurea, e prima di essere ricevuto dal presidente argentino, alla Casa Rosada, fa davanti a professori e studenti: il G20 è uno dei simboli di una globalizzazione che ha prodotto enormi progressi ed enormi distorsioni, «la remunerazione del capitale — sottolinea il premier — è cresciuta molto più che quella del lavoro, creando iniquità». Toccherebbe alla politica, nel suo significato più alto, porvi rimedio, aggiunge, ma non si capisce di quale ricetta esattamente, se quella sovranista, protezionista, liberista, europeista o cos’altro. Vista da qui è più semplice la trattativa in corso fra Roma e Bruxelles rispetto allo stato di salute delle regole internazionali degli ultimi decenni.

«Bisogno di riflessione globale»

Le agenzie battono la notizia che è saltato l’incontro fra Putin e Trump. Conte, che oggi vedrà il principe ereditario saudita, dice che «abbiamo bisogno di una riflessione globale sul commercio, di una revisione delle sue regole e di un rinnovo dei meccanismi di funzionamento dell’Organizzazione mondiale, per assicurare la creazione di un vero level playing field, in cui chi beneficia del libero commercio rispetti le regole fondanti, tra cui il principio di tutela della proprietà intellettuale. L’alternativa è cedere il passo alle spinte protezionistiche». Peccato che anche in questo caso si colga una lieve contraddizione: il capo del governo parla di riforme internazionali, di best practice, e include anche il Global compact sui migranti fra i prodotti buoni, «etici». Eppure il suo governo, insieme ad altri 6 Stati della Ue si è sfilato di fronte all’adesione dopo anni di lavori preparatori: «Così, i codici etici, i bilanci sociali, le norme di autoregolamentazione adottate spontaneamente dalle imprese, e da cui sempre più dipendono anche le loro capitalizzazioni di borsa, si sono sviluppati insieme a linee di soft law internazionali, come le linee guida Ocse per le imprese multinazionali, a fori quali il Global compact delle Nazioni Unite, e a norme giuridiche concepite in modo nuovo a livello nazionale e di Unione Europea».

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