13 ottobre 2018 - 22:53

Tria: di teorie astruse ne ho sentite abbastanza. La sponda della Lega

Per il partito di Salvini, adesso, il ministro dell’Economia è diventato intoccabile perché è un argine a tutte le istanze del Movimento Cinque Stelle

di Tommaso Labate

Tria: di teorie astruse ne ho sentite abbastanza. La sponda della Lega
shadow

«Per il ministero dell’Economia non esistono piani B, C, D o E. Esiste solo un piano T, dove T sta per Tria. Il professore, da dov’è, non si muove. Ma ci vuole molto a capirlo che quel signore è la soluzione ai nostri problemi e non il problema?». Dicono che, negli ultimi mesi a Palazzo Chigi, fatti di intere giornate trascorse a trovare un punto mediano tra due alleati molto diversi, Giancarlo Giorgetti abbia affinato ancora di più l’arte di fiutare in anticipo le «minacce» in arrivo, che già possedeva dai tempi in cui era il braccio operativo della vecchia Lega di Umberto Bossi.

E così due giorni fa, quando il duello tra Giovanni Tria e Luigi Di Maio sull’ipotesi di far entrare lo Stato nel capitale di Alitalia era lì lì per andare in scena, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha preso di petto la situazione e ha fissato, insieme a Matteo Salvini, le colonne d’Ercole oltre le quali la Lega non può spingersi. C’è un limite, hanno convenuto i due. C’è un confine. E quel confine, adesso, è proprio Tria. Per la Lega, adesso, quel ministro è diventato intoccabile proprio perché è un argine a tutte le istanze del Movimento Cinque Stelle — a cominciare dall’ondata di nazionalizzazioni annunciate — che andrebbero a intaccare il rapporto di fiducia tra Salvini e quel pezzo di tessuto produttivo che gli ha aperto una linea (politica, s’intende) di credito. A cominciare dagli industriali.

Tria, dal canto suo, è amareggiato. Raccontano che nelle ultime ore la voglia di dimettersi non si sia placata, che il testa a testa continuo con Di Maio l’abbia sfibrato. E non tanto, o non solo, per le questioni «alte», quelle che riguardano i numeri della manovra, l’Europa, il deficit. Quanto, è stato il ragionamento opposto a tutti quelli che gli hanno chiesto conto delle sue prossime mosse, perché «io sono un professore, le cose prima di insegnarle le ho studiate, e quindi arrivo a poter ascoltare un numero limitato di teorie e soluzioni astruse, oltre non posso andare…». A quel punto è entrato in scena Salvini. Che, insieme a Giorgetti, ha garantito al titolare dell’Economia che, senza di lui, andare avanti nell’avventura di governo sarebbe difficile anche per la Lega. Un tempo si sarebbe definita «una blindatura», e a fior di ministri in bilico sarebbe bastata. Adesso no, queste garanzie valgono ancora ma molto di meno, soprattutto nei dintorni del ministero di via XX settembre. Soprattutto dopo le dimissioni dalla Consob di Mario Nava, che nonostante avesse l’appoggio del leghista sottosegretario alla presidenza del Consiglio, alla fine non ha trovato altra strada che le dimissioni. Dal caso Consob a oggi è passato un mese esatto.

Dentro e fuori da Palazzo Chigi, si misurano le ambizioni di chi, a ragione o a torto, si è convinto che il testa a testa tra Di Maio e Tria possa finire con l’uscita di scena di quest’ultimo. A cominciare da Paolo Savona, i cui toni soft su euro («Non usciremo») e spread («Se sale ancora, dovremo cambiare la manovra»), sono stati letti come una specie di ri-candidatura al ministero dell’Economia. Ecco, tutti questi movimenti, tutte queste oscillazioni, da oggi, hanno un ostacolo in più. Ed è la Lega, che ha deciso di blindare Tria anche oltre quanto non appaia nelle dichiarazioni pubbliche. D’altronde, come sussurra un esponente leghista di governo, «non ci vuole molto a fare due più due. Se volessimo vedere l’effetto che fa lo spread a quota 400, basta chiedere a Tria di dimettersi. E lì sarebbero guai per tutti». Per oggi, al Professore, queste garanzie bastano. Domani, però, è un altro giorno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT