20 ottobre 2018 - 23:42

Di Maio e Salvini, al governo da separati in casa. I timori dei mercati per la crescita «dopata» in manovra

Dopo dicember il derby nell’esecutivo si farà ancora più acceso

di Francesco Verderami

Di Maio e Salvini, al governo da separati in casa. I timori dei mercati per la crescita «dopata» in manovra
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Via lo «scudo» per i capitali all’estero e la non punibilità penale: la festa dei grillini è salva, per l’Italia se ne riparlerà alla riapertura dei mercati. Perché il problema sulla manovra non è il giudizio dell’Europa ma quello della finanza. La professione di fede fatta ieri da Di Maio e Salvini — la garanzia cioè che il governo non intende uscire dall’Unione e dall’euro — testimonia il livello di preoccupazione che c’è a Palazzo Chigi. Dove Tria non è riuscito a far ridurre il deficit al 2,1% e ha lasciato al premier il compito di recitare il copione imposto dai due vice: «Siamo convinti di non aver gonfiato i numeri». Una versione diametralmente opposta a quella di autorevoli esponenti dell’esecutivo, leghisti e grillini, che sanno far di conto e nelle riunioni riservate da settimane sollevano inascoltati la questione. Il nodo della faccenda non è aver deciso un’operazione in deficit, ma aver dato quel valore al Pil: è la previsione di crescita dell’1,5% ad essere «drogata» (testuale) e l’anno prossimo potrebbe portare a un raddoppio del buco nel bilancio.

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«Manina» e risposta

È il «doping» nella Finanziaria che sta producendo la sfiducia dei mercati e l’aumento dello spread, non certo — come sostiene Conte — le liti in diretta tv del governo. Semmai la storia della «manina» sul decreto fiscale ha fatto calare la fiducia dell’opinione pubblica nei riguardi del Movimento e del Carroccio, come Salvini e Di Maio hanno constatato nei sondaggi riservati appena ricevuti: poco più di un punto, niente più che un segnale. A cui però va aggiunto il dato sull’astensionismo, che da settembre — da quando cioè è iniziata la discussione sulla manovra — è aumentato di un punto a settimana, con un picco di quattro punti negli ultimi sette giorni.

Ma questa è un’altra storia, è il riflesso delle tensioni tra le forze di governo, che ormai — per citare una battuta dal copyright leghista — vivono «da separati in casa, in attesa di comunicarlo ai familiari a giugno». Cioè dopo le elezioni europee. Ed era chiaro che ieri i due vice premier sarebbero stati costretti a simulare una ritrovata intesa: il capo dei grillini aveva la testa al palco della festa di partito; il segretario della Lega aveva in testa le urne del Trentino. Ma dopo il sabato e la domenica viene il lunedì, il giorno in cui i mercati daranno una risposta, che sarà più importante persino di quella della Commissione europea.

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Tensioni in corso

A Bruxelles si gioca una partita politica, e c’è un motivo se Salvini fa sapere di esser pronto ad aprire la «stagione del dialogo» persino con Juncker e Moscovici, non proprio due «amiconi». Non ci sono margini per evitare la bocciatura della manovra ma l’obiettivo è attutire quanto più possibile l’impatto del verdetto sul governo. Altrimenti per il capo del Carroccio c’è il rischio che salti (anche) la strategia impostata sulla tenuta dell’esecutivo quantomeno fino alla prossima primavera. Perciò ieri ha dovuto ingoiare il rospo ed assecondare il rito. Al termine del vertice con Di Maio — durante il quale si sono rinfacciati di tutto — dev’essergli costatata l’overture di Conte in Consiglio dei ministri: «Leggo il testo per fugare ogni tipo di equivoco...».

Lo sguardo che Salvini e Giorgetti si sono scambiati non è passato inosservato. Essere additati come «condonisti» dai grillini, mentre i grillini tengono duro sul condono per gli abusi edilizi ad Ischia, è un affronto che verrà restituito con gli interessi: perché ora è il tempo della manovra, ma verrà il tempo per l’approvazione delle autonomie regionali, l’implementazione delle opere pubbliche e le norme sulla sicurezza. E sarà derby vero, dopo dicembre. Resta da vedere come arriveranno a quella data se il «doping» nella Finanziaria verrà denunciato dall’Europa e sanzionato dai mercati.

Insomma, a fine anno si capirà se il governo sarà già a fine corsa. Per farsi trovar pronto il grillino Di Battista ha annunciato che a Natale lascerà le spiagge del Sud America: «Ho già fatto il biglietto». E siccome Di Maio è al secondo mandato dovrebbe passargli il testimone. «Auspico che il governo cada il più presto possibile», ha ripetuto ieri Berlusconi. Salvini, che ha già le sue gatte da pelare con i Cinquestelle, non gli ha replicato: «Però vorrei capire perché in privato mi dice di andare avanti e poi in pubblico dice il contrario». È la politica bellezza, peccato per questo impiccio dei mercati...

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