31 ottobre 2018 - 22:33

Tav e sicurezza, tensioni M5S-Lega
Salvini: se governassi da solo...

Saltano 180 milioni per Raggi. E scoppia il caso Garofoli, capo di gabinetto del Tesoro

di Alessandro Trocino

Tav e sicurezza, tensioni M5S-Lega Salvini: se governassi da solo...
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È un’ipotesi per assurdo, naturalmente, ma la fanno contemporaneamente due personaggi di peso di Lega e M5S. Dice Matteo Salvini: «Se governassi da solo potrei fare tante cose velocemente». Sottinteso, il Movimento mi rallenta. Poche ore dopo, ecco il ministro M5S Alfonso Bonafede: «Se fossimo stati al governo da soli, non ci sarebbe stata la pace fiscale». Sottinteso, siamo costretti ad accettare molti compromessi. La dura realtà dei numeri, però, li ha portati al governo insieme e allora la fatica quotidiana dell’alleanza prevede lunghe e sfibranti mediazioni e non pochi bracci di ferro.

Il decreto sicurezza, per esempio. C’è un drappello di dissidenti che si mette di traverso e che minaccia di diventare più corposo, in caso di voto segreto quando arriverà in Aula, lunedì. Si valuta la fiducia, ma questo porrebbe un problema a Luigi Di Maio che punta a evitare drammatizzazioni: «Non è prevista nessuna espulsione. Nel M5S c’è una linea e c’è un programma. È sempre successo che ci siano posizioni diverse prima del voto e dopo. I ranghi sono serrati». La famosa testuggine, contestata da Matteo Mantero: «L’impero romano non è crollato perché qualche legionario si è sfilato, ma perché i soldati sono stati sostituiti da mercenari». La domanda del dissidente è dunque chiara: siamo uomini (e deputati liberi) o mercenari? La risposta, spera Gregorio De Falco, sarà positiva «se non verrà posta la fiducia».

Ma non è l’unico fronte aperto. Se Salvini si è irritato per il blitz di Bonafede sulla prescrizione, è prontamente arrivato lo stop a un fondo salva Raggi e anti buche, richiesto dal ministro Danilo Toninelli. I 180 milioni di euro sono restati fuori dalla manovra, nonostante la promessa di Salvini di «aiutare Roma».

Ieri alla Camera è andato in scena lo scontro su quello che il Pd definisce il «condono edilizio Di Maio» su Ischia. E che trova molti mal di pancia anche tra i leghisti, non proprio convinti. Ma il fronte che rischia di infiammarsi nuovamente è quello delle grandi opere. Dopo il sì alla Tap, digerito a fatica dalla pancia del Movimento, è guerra sulla Tav. Di Maio, fiutando aria di rivolta, prova a rilanciare e annuncia che i soldi risparmiati dai lavori per l’alta velocità saranno «reinvestiti sul territorio per la metro 2 di Torino o in nuovi sistemi di mobilità». Il capogruppo alla Camera della Lega Riccardo Molinari non è per nulla d’accordo. Spiega che è vero che si sta attendendo la valutazione di costi-benefici sulla Torino-Lione ma «non deve essere messo in discussione il fatto che l’opera si realizzi». Proprio quello che i 5 Stelle si affannano a mettere in discussione da settimane.

Nel frattempo continuano le tensioni tra il Movimento e i funzionari del Tesoro. È tornato nel mirino, dopo un articolo del Fatto quotidiano, il capo di gabinetto del Mef, Roberto Garofoli, accusato di conflitto di interessi con la Croce Rossa. Si vocifera di sue dimissioni, anche perché Francesco Silvestri (M5S) gli chiede apertamente di andarsene. Ma lui replica annunciando querele.

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