16 settembre 2018 - 23:51

Incontro Salvini-Berlusconi: il ministro vuol stare al governo con i 5 Stelle, ma sul territorio con Silvio

Per il vicepremier rompere con il Movimento non è questione all’ordine del giorno: finché dura, è «una pacchia»

di Francesco Verderami

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Il sistema solare di Salvini prevede la congiunzione astrale con Di Maio per il governo nazionale e un’orbita satellitare di Berlusconi per le amministrazioni locali. Per usare un’espressione tipica del leader leghista, finché dura «è una pacchia», e infatti il ministro dell’Interno non ha alcuna voglia di cambiarlo. L’ha ripetuto ieri, prima della cena ad Arcore, garantendo che il contratto con i grillini è destinato a durare e che l’alleanza coi forzisti proseguirà a livello territoriale.

Sotto il profilo politico, mediatico e numerico (almeno a leggere i sondaggi), lo schema sta producendo effetti molto positivi per il capo del Carroccio. Peraltro il rapporto con l’ex premier gli può venir utile in certi tornanti parlamentari, per superare fasi di stallo come quello sulla presidenza Rai: l’appoggio degli azzurri al suo candidato, Foa, serve a rinsaldare il legame e anche a dissipare i timori del Cavaliere, preoccupato dagli «atti ritorsivi» dei Cinquestelle contro la sua azienda. Ma riallinearsi con Berlusconi per riprodurre i vecchi equilibri non è questione all’ordine del giorno: intanto non sono alla vista elezioni che ne comportino la necessità, in più Salvini è convinto che un simile scenario non sia più riproponibile, perché lo danneggerebbe nell’immagine e nei consensi: «L’opinione pubblica — come spiega un suo ministro — ci accuserebbe di essere tornati al traino e ci punirebbe nelle urne».

Silvio Berlusconi domenica sera dopo l’incontro con Matteo Salvini (Ansa) Silvio Berlusconi domenica sera dopo l’incontro con Matteo Salvini (Ansa)

L’idea di una nuova coalizione è ancora una nebulosa nei ragionamenti del titolare del Viminale, che attenderà l’approssimarsi delle Europee prima di passare alla fase operativa del progetto. I punti cardinali sono però già fissati: l’assetto — che avrebbe ovviamente la Lega come baricentro — sarà la risultanza anche di scelte altrui. La Meloni dovrà decidere come affrontare l’asticella dello sbarramento al 4%. E Berlusconi dovrà scegliere se rassegnarsi alle leggi del tempo o accettare la sfida e ricandidarsi, con il rischio di vedersi doppiato dalla Lega.

In questo contesto, l’alleanza asimmetrica con la Lega sta avendo un elevato costo politico per Forza Italia. Con il governo destinato a durare, gli azzurri si ritrovano in una condizione di estrema debolezza, perché impossibilitati a esprimersi a pieno come partito di opposizione. Possono attaccare i grillini ma senza schierarsi contro la Lega. Così però non riescono contendere al Carroccio i consensi che entrambe le forze pescano nello stesso bacino elettorale. E senza la prospettiva di un «partito unico», l’emorragia che i sondaggi continuano a descrivere a favore della Lega è destinata a proseguire.

Ma c’è di più. Il nuovo sistema solare permette (per ora) a Salvini di drenare voti anche nell’area degli astensionisti, riducendo le percentuali dei grillini. Il «sorpasso» che gli istituti di ricerca accreditano a danno di M5S, è il motivo delle tensioni nell’area di governo. Non c’è dossier che non si trasformi in motivo di scontro. Sulla politica estera la linea leghista filo-Orbán (assecondata supinamente da Forza Italia) è il primo passo per il lancio di quel fronte sovranista che — come ha detto il ministro Fontana all’Huffington — dovrebbe raccogliere alle Europee «più del 20%» su base continentale. I Cinquestelle invece trovano difficoltà a collocarsi: prima dell’estate hanno tentato un approccio con il gruppo dell’Alde, ma non è andato a buon fine. Sui temi di politica interna poi, a parte il fisiologico braccio di ferro sulla Finanziaria, non c’è ancora intesa sulle questioni aperte: il decreto per Genova e quello sulla giustizia. Nel frattempo aumentano le schermaglie e i focolai d’incendio. A Salvini che paventa «il ritorno alla diffusione della tubercolosi», per via degli immigrati, ha risposto la collega pentastellata alla Salute Grillo, secondo la quale «in Italia non c’è nessun allarme tubercolosi». E se i ministri leghisti si lamentano che l’«annuncite» sulla chiusura domenicale dei negozi non è accompagnata da un testo di legge da parte dei Cinquestelle, la capogruppo grillina nel Lazio, Lombardi, replica che «dai ministri della Lega non è ancora uscito un provvedimento degno di nota».

Lontano dai riflettori mediatici nazionali è in atto poi uno scontro durissimo sul delicato dossier delle autonomie, caro alla Lega. Nei giorni scorsi il sottosegretario agli Affari regionali Buffagni, braccio destro di Di Maio, ha respinto la richiesta del Veneto di ottenere tutte le 23 materie trasferibili («la cosa è irrealizzabile»), provocando l’irritazione del ministro (leghista) competente, Stefani, e la dura replica del governatore Zaia: «Buffagni non conosce il dossier e nemmeno la democrazia. Comunque non deciderà lui». «Dureremo cinque anni», dice Salvini. A sentire i suoi, «se arriveremo a due, saranno già tanti».

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