19 settembre 2018 - 22:34

Tra gaffe e scelte frettolose, Toninelli è un caso anche nel M5S

Nessuno, all’interno della squadra di governo, arriva a pensare che al ministro dei Trasporti venga chiesto un passo indietro. Ma se ci fosse un rimpasto, il primo indiziato sarebbe lui

di Tommaso Labate

(Imagoeconomica) (Imagoeconomica)
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Ma è sicuro, Toninelli, che l’Europa ci consentirà di affidare la costruzione del nuovo ponte di Genova senza bandi? Perché io, a quanto ne so, credo proprio che non sarà così». Consiglio dei ministri, interno giorno, anche se giorno lo è ancora per poco visto che sono appena passate le 17. Giovedì scorso. Danilo Toninelli ha appena finito di leggere la relazione che accompagna il decreto su Genova, che a sua volta dovrà accompagnare — anche se solo virtualmente — Giuseppe Conte nella trasferta nel capoluogo ligure, prevista per l’indomani. Matteo Salvini si prepara a sferrare l’attacco contro i 5 Stelle, di cui poi ci saranno ampie tracce nei giornali del giorno successivo. Ma a parlare, indirizzando — seppur con eleganza — un fendente all’indirizzo del ministro dei Trasporti, è il titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi. Che contesta la scelta di Toninelli di procedere all’assegnazione dell’incarico per la costruzione del ponte che sostituirà il Morandi «senza bando».

Anche Tria lancia in resta

Il ministro degli Esteri non fa neanche in tempo a prendere un bicchiere d’acqua che, contro Toninelli, parte lancia in resta anche Giovanni Tria. «I costi di questo decreto non sono chiari», è il ragionamento del titolare dell’Economia. I due big «tecnici» dell’esecutivo, a cui s’è aggiunto anche il numero uno della Lega, bloccano di fatto il decreto che sarà approvato «salvo intese». E aprono, a Palazzo Chigi, la «questione Toninelli». Sia chiaro. Nessuno, all’interno della squadra di governo, arriva a pensare che al ministro dei Trasporti venga chiesto un passo indietro. Così come nessuno, al momento, pensa che l’autonominatosi «governo del cambiamento» possa permettersi il ricorso alla procedura, antica come la Repubblica, del «rimpasto». Ma se mai ci fosse un’opzione del genere, il primo indiziato — al momento — sarebbe l’ex carabiniere.

Per i leghisti era stato «bravissimo»

E dire che per i leghisti, a cominciare da Matteo Salvini, Toninelli era stato «bravissimo» a gestire l’emergenza del Ponte Morandi. Poi qualcosa si è spezzato. Se sia stata colpa delle continue gaffe sui social o della fretta con cui ha voluto confezionare quel decreto che s’è rivelato «un colpo a salve», sta di fatto che oggi il titolare dei Trasporti ha iniziato una specie di parabola discendente che l’ha messo anche nel mirino di Luigi di Maio. Nelle ultime settimane, il termometro dei rapporti tra il ministro dello Sviluppo economico e Toninelli, complici anche le voci sul curriculum del consulente dei Trasporti Gaetano Intrieri, ha più volte sfiorato il gelo. Al punto che c’è chi scommette sul fatto che la sovraesposizione mediatica del ministro cremasco, presenza fissa del M5S in tv, sia destinata a ridimensionarsi. Alla Lega, pronta a rispedire al mittente tutte le proposte del M5S sui Trasporti — dalla nazionalizzazione di autostrade all’addio alla Tav — queste tensioni piacciono poco o nulla. Perché minano la tenuta di un governo che, e questo Salvini lo ripete spesso in privato, «se cade, cade per colpa dei loro problemi interni». A cui s’è aggiunto, da giorni, anche il «caso Toninelli».

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