21 settembre 2018 - 22:47

L’incontro tra sinistra M5S e Pd
Il segnale dei falchi a Di Maio

Una delegazione dei Cinque Stelle ha incontrato alcuni dirigenti del Pd. L’appuntamento doveva restare riservato

di Francesco Verderami

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Una volta definita la manovra Di Maio entrerà nella campagna autunnale. In una intervista al Corriere del Veneto, ribadisce l’idea di tornare al Nord: «Ho certamente intenzione di tornare quanto prima dai numerosissimi imprenditori e dalle associazioni di categoria che ho incontrato prima e durante la campagna elettorale». Nelle stesse ore in cui il centrodestra si riuniva a palazzo Grazioli, una delegazione dei Cinque Stelle ha incontrato alcuni dirigenti del Pd. L’appuntamento doveva restare riservato, ma fino a un certo punto. Nel senso che l’«ala sinistra dei grillini» — come i leghisti definiscono i seguaci di Fico — aveva interesse a far sapere cosa stava succedendo, per mandare un segnale all’«ala governista» del Movimento e per conoscenza ai vertici del Carroccio. Missione compiuta: le voci del rendez vous sono infatti giunte anche all’orecchio di alcuni ministri della Lega, che hanno interpretato l’accaduto come l’ennesima prova delle difficoltà in cui versa Di Maio. Perché era chiaro chi fosse il destinatario della rappresaglia.

Ed è chiaro anche il motivo per cui il capo politico di M5S è costretto in questi giorni ad alzare i toni sulla legge di Stabilità contro il ministro dell’Economia, arrivando a minacciarlo con un preavviso di sfratto da Via XX Settembre, mettendo persino in conto il «ritorno a casa», cioè la crisi di governo e il ricorso al voto anticipato. Ma l’arma delle urne è caricata a salve, almeno così sostengono i dirigenti del Carroccio nelle discussioni con Salvini, perché sarebbe proprio Di Maio a rimetterci più di ogni altro: esauriti i due mandati, resterebbe alla guida dei Cinque Stelle ma non potrebbe più ricandidarsi in Parlamento né assumere nuovi incarichi di governo. A meno di non chiedere una deroga al codice interno del Movimento su una regola che è vissuta dai grillini come un tratto di diversità rispetto ai partiti.

In realtà, Di Maio sta affrontando la battaglia sulla manovra come un ciclista che deve prepararsi alla volata, quelle elezioni europee che saranno un passaggio fondamentale tanto per M5S quanto per la Lega, siccome influenzeranno le successive strategie politiche. Perciò Giorgetti in questi giorni ha smesso i panni del pessimista, oltre ad aver preso a parlare in pubblico come mai accaduto in precedenza: per spargere ottimismo sulla manovra, ieri si è diviso tra il Meeting anglo-italiano a Pontignano e la festa di Atreju a Roma. Il sottosegretario alla Presidenza vede il bicchiere mezzo pieno, racconta che «rispetto a tre mesi fa le distanze tra M5S e Lega si sono accorciate», anche se negli alleati persiste un sovrappiù di «posizioni ideologiche». A parte il reddito di cittadinanza, il vero nodo sono gli investimenti nelle opere pubbliche: «È su questo tema che davvero si capirà quanto potrà durare il nostro esperimento di governo».

Lo sguardo però resta sempre rivolto alle Europee, al punto che lo stato maggiore dei Cinque Stelle sta ragionando sulla modifica della legge elettorale per Strasburgo: l’idea è di abolire le preferenze, ed è un progetto di cui è giunta notizia anche a Forza Italia. L’interpretazione più capziosa degli avversari di Di Maio è che «con le liste bloccate mirerebbe a controllare la scelta degli eletti nel Movimento», ma sotto il profilo politico non c’è dubbio che un simile sistema dovrebbe favorire la concentrazione del consenso, riducendo la dispersione dei voti nelle liste minori e avvantaggiando quindi i grandi partiti.

Nella Lega c’è chi è già pronto a sostenere la riforma, con la convinzione che sia una modifica di «buon senso, in linea con molti altri modelli di voto europei». Ed è evidente che anche Salvini si sta preparando alla volata per Strasburgo, in vista di un rush finale che pronostica un testa a testa con Di Maio. Ecco su cosa sono concentrati i vertici del Carroccio, che considerano ogni altra iniziativa funzionale solo a questo obiettivo. Il vertice con Berlusconi, per esempio, è tutto condensato in un breve siparietto avvenuto ieri tra un parlamentare forzista e «l’alleato» leghista Giorgetti. Il primo: «Allora Giancarlo, è risorto il centrodestra...». Il secondo: «Eeeeehhhh...».

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