27 settembre 2018 - 23:27

La rivendicazione di Salvini:
superate le resistenze dei ragionieri

«Al Tesoro abbiamo detto che questa manovra non è deficit, ma un’opportunità per il Paese»

di Marco Cremonesi

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«Credo che abbiamo presentato la manovra al ministro Tria per quello che è: non deficit, ma una grande opportunità per il paese». Matteo Salvini ha da poco concluso la maratona governativa per preparare l’aggiornamento del Def. Se la scommessa diffusa era che il responsabile dell’Economia non avrebbe accettato un deficit al 2,4% come quello concordato tra Salvini e Luigi Di Maio, la scommessa sembra persa: «Perché — prosegue Salvini — al di là delle ricostruzioni giornalistiche, abbiamo messo le basi per una manovra seria, rispettosa dei parametri non meno che quelle di altri Paesi europei come Francia o Spagna, e soprattutto non spendacciona». E dunque, il ministro Tria è «d’accordo sul fatto che gli impegni presi in campagna elettorale debbano essere mantenuti».

Il vicepremier inizia la lunga serie di riunioni dopo essere tornato dalla Tunisia («Ho incontrato un grande presidente della Repubblica, Essebsi, a 92 anni un vero eroe») . Parla di «cedolare secca sui negozi, di riduzione di alcune accise sulla benzina, di detassazione per chi assume». Ammette che sul superamento della riforma Fornero «c’è stata una grande resistenza dei ragionieri, degli uffici, di tutti: proponevano interventi limitatissimi. E invece, abbiamo portato a casa una quota 100 pulita, a 62 anni, senza paletti né penalizzazioni. Un provvedimento da 8 miliardi che torneranno nelle casse attraverso i posti di lavoro che sostituiranno quelli dei circa 400 mila nuovi pensionati». Insomma: «Ci siamo meritati di andare avanti. E dato che questo governo durerà cinque anni, tutte le promesse saranno mantenute fino in fondo».

Insomma, avete davvero convinto Tria? «Il ministro Tria ha avuto la documentazione del fatto che non si tratta di spese improduttive una tantum, ma di una manovra complessiva di crescita».Il sospiro di sollievo collettivo si era sciolto poco dopo le 21, con la nota di Matteo Salvini e Luigi Di Maio: accordo raggiunto «con tutto il governo». Dove quel «tutto» significava «incluso il ministro Tria». Un esito che per tutta la giornata non era apparso a portata di mano. Nelle prime ore, infatti, uno degli economisti della Lega disegnava «l’ordine del giorno» in questo modo: «Punto 1: fare la manovra. Punto 2: evitare le dimissioni di Tria. Il problema è che, al momento, i due punti sembrano confliggenti».

E dunque, ecco la grande domanda: Tria come prenderà uno scollamento a prima vista così vistoso dai suoi auspici di contenimento del deficit? Il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari aveva iniziato la giornata ad Agorà su Rai 3: «Se Tria non fosse più nel progetto, troveremmo un altro ministro». Un’opinione nella Lega non isolata. E così, intorno alle 16.15 parte il summit di maggioranza che s’interrompe poco prima delle 19. A quel punto, Matteo Salvini e Massimo Garavaglia si chiudono nell’ufficio di Giancarlo Giorgetti, che per tutto il giorno è stato l’ufficiale di collegamento con Giovanni Tria. Poi, la riunione riprende. Il ministro Tria tenta qualche resistenza sull’ipotesi sottoscritta da Salvini e Di Maio, ma — riferisce qualcuno dei presenti — l’opposizione dura solo pochi minuti. E a vertice di governo ancora in corso, arriva la prima nota di Salvini: la soluzione è stata trovata.

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