11 aprile 2019 - 15:57

Bertinotti: «Ridurre l’orario di lavoro sia una priorità anche a sinistra»

L’ex leader di Rifondazione: «I 5 Stelle intercettano bene alcuni temi dell’innovazione. Ma tradiscono i principi perché si adattano alla compatibilità del sistema»

di Alessandro Trocino

Bertinotti: «Ridurre l’orario di lavoro sia una priorità anche a sinistra»
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«È inspiegabile come la sinistra abbia dimenticato questi temi, dalla riduzione dell’orario di lavoro al reddito di cittadinanza». Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione comunista, commenta l’idea lanciata da Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, di ridurre l’orario di lavoro «per ridistribuire la ricchezza».

Lei ci provò, con le 35 ore nel governo Prodi. Ma andò male.
«L’idea ebbe successo in Francia, dove ancora dura, ma non in Italia. In realtà mi ha sorpreso in tutti questi anni l’uscita di scena di questo tema. La ragione strutturale è stata la rivincita del capitale sul lavoro. L‘ultimo slogan, lavorare meno lavorare tutti» risale agni anni ‘60. E il tentativo sulle 35 ore risale alla fine del secolo scorso».

Ora i 5 Stelle rilanciano il tema, la sinistra tace.
«I 5 Stelle hanno tanti difetti, ma forse anche grazie alla loro contiguità con i temi dell’innovazione, hanno intercettato alcuni temi circolati nel mondo sulla questione del lavoro. Prima il reddito di cittadinanza, anche come risposta all’automazione e alla disoccupazione tecnologica. E ora, sulla stessa scia, la riduzione dell’orario di lavoro».

I 5 Stelle sono più di sinistra della sinistra su questi temi?
«No. Perché prevedono queste riforme sempre in una logica compatibilista e quindi le tradiscono. Il loro reddito è solo una ridistribuzione di un po’ di soldi. Non ci sputo sopra, naturalmente, ma non ha niente a che fare con la misura universalistica del reddito. Non è una logica di sinistra. Fanno quello che gli consente il sistema. La sinistra vera direbbe: non ci sono i soldi per il reddito? Allora faccio la patrimoniale».

Naturalmente, l’obiezione è che la riduzione dell’orario non produce occupazione e bisogna invece occuparsi della produttività, come dice Confindustria.
«E se provassimo a ragionare diversamente? Rebus sic stantibus, l’occupazione non solo non aumenta ma diminuisce. E l’aumento di produttività in questi anni è stato miserabile rispetto all’incremento che si è avuto in Germania. Il motivo, allora, forse è perché le imprese sono state impigrite dall’uso a strafottere dalla precarietà e dai bassi salari. E questo non le ha sospinte a una linea di ricerca e di investimenti che determina, questa sì, aumento di produttività e di occupazione. Come dice Claudio Napoleone, l’aumento dei salari e la riduzione dei salari sono le principali leve per l’aumento della produttività».

Ce la faranno a mandare in porto questa riforma i 5 Stelle?
«Quella di ridurre l’orario di lavoro è una necessità storica. La sua realizzazione dipende dai rapporti di forza sociali e dalla politica e quindi la vedo dura. E come ho detto, la logica della compatibilità è la contraddizione interna che impedisce ai 5 Stelle di attuare davvero queste riforme».

Grillo nei suoi spettacoli ha adottato una prospettiva più filosofica e utopistica, auspicando una vita libera dalla schiavitù del lavoro. Forse non proprio in linea con il pensiero storico della sinistra (oltre che con gli stessi 5 Stelle).
«Come sa, questo è un sogno che si è riprodotto molte volte nella storia. Io però gli preferisco un’idea più solida. Che è quella che avanzò Marx con la tesi della liberazione del e dal lavoro: l’uscita da uno stato di sfruttamento e di alienazione. La combinazione della liberazione del e dal lavoro consentirebbe anche di individuare i protagonisti di questa storia e fondarla nel reale. Che poi è sempre lei, la lotta di classe».

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