12 aprile 2019 - 23:00

ln Parlamento le mosse centriste. La frattura Pd e i piani di Meloni

Renziani pronti a sganciarsi, nel centrodestra il fattore Toti e Fratelli d’Italia guarda ai «ceti produttivi».

di Francesco Verderami

Giorgia Meloni Giorgia Meloni
shadow

Cinque anni fa c’era Renzi e si diceva non avesse alternative. Cinque anni dopo ci sono Di Maio e Salvini e si dice non abbiano alternative. In realtà a nemmeno un anno dalla nascita del governo, i leader giallo-verdi sono già al turning-point. Giorgetti, che non è un terrapiattista, ha notato negli attuali vice premier le stesse avvisaglie della malattia asintomatica di cui soffriva l’ex segretario del Pd quando regnava a palazzo Chigi. «La gente mi ferma per un selfie», ha sentito dire a entrambi, e avendo cura ovviamente solo di Salvini, lo ha avvisato che non è il sole a muoversi, che il futuro non è scontato, che sarebbe un errore immaginarlo come mera una proiezione del presente, e che c’è poco tempo — «questione di settimane, non di mesi» — per assumere una decisione. Perché la politica va veloce, e se la legislatura andasse avanti si aprirebbero i giochi per il riassetto del sistema. Infatti. A sinistra si è già aperta una faglia: il dissenso nel Pd sulle candidature per le Europee ha evidenziato come sia iniziata l’azione di sganciamento da Zingaretti dei post-renziani. Bastava seguirli nei ragionamenti che facevano tra loro in Transatlantico: «Sembrano le liste del Pci». «Sì, e quando glielo dici ti rispondono che non è vero, che non ci sono mai stati tanti cattolici». «Ma quali cattolici, catto-comunisti semmai». Roba che nemmeno Berlusconi parla più così. E c’è un motivo se augurano lunga vita a Conte, mentre riesumano sigle (e lessico)del vecchio scudocrociato. Per esempio, la neonata componente «Base riformista» evoca l’area dei basisti fondata da Marcora, «un grande lombardo» rammenta orgoglioso Guerini, che insieme a Lotti ha fondato la corrente.

«Uno schieramento nuovo»

Perché tutto si compia c’è bisogno di tempo, «abbiamo bisogno di tempo» sussurrano nell’ex centrosinistra, dove aspettano di vedere cosa accadrà nell’ex centrodestra. E se a un convegno organizzato dall’ex ministro Fioroni, Tabacci parla a sorpresa di «rinascita centrista», il berlusconian-democristiano Rotondi spiega che «in Forza Italia siamo oggi tutti compatti con Silvio. In attesa di separarci domani». Da una parte come dall’altra si avverte l’attesa messianica di «un nuovo leader» che sappia costruire «uno schieramento nuovo». Proprio quello che Giorgetti ha detto a Salvini. Ora, sarà pur vero che per il leader della Lega la presenza del Cavaliere è un problema, ma la sua assenza rischia di rivelarsi un problema maggiore. Il motivo è chiaro, sta nella tesi sostenuta (e non da ora) dal governatore ligure Toti: «Bisogna occupare lo spazio in cui ha primeggiato Berlusconi. Altrimenti, una volta andato via lui, potrebbe arrivare un papa straniero». Non a caso anche la Meloni tenta di presidiare quell’area, perciò oggi alla conferenza programmatica di Torino si appellerà ai «ceti produttivi», che è sinonimo di centro. E lo farà in competizione con la Lega. «Vedrete che Salvini, per evitarsi guai, punterà al voto anticipato dopo le Europee», ha spiegato la leader di FdI in una riunione di partito: «E se non sarà così, vorrà dire che ci compreremmo i pop corn e vedremo come scriverà la Finanziaria con Di Maio».

La scommessa di Bonaccini

La gara di tutti è oggi su Salvini, che è l'unico a poter fischiare la fine della partita e bloccare i giochi in atto. E ognuno tifa in base ai propri interessi. Zingaretti accenderebbe un cero se si tornasse subito alle urne, mentre tra i suoi stessi sostenitori c’è chi auspica il contrario. Il governatore dem Bonaccini scommette sulla durata di Conte per provare a spostare le regionali in Emilia Romagna da novembre all’anno prossimo: intanto perché deve ultimare le liste civiche a suo sostegno, eppoi perché confida che — dovendo varare la prossima Finanziaria — la Lega perda consensi e non lo batta. Non c’è discussione di partito dove non si faccia il nome di Salvini, persino l’ambasciatore americano lo ha citato con alcuni dirigenti forzisti e sostenendo che l’Opa della Lega sul centrodestra non è scontata. Cinque anni fa c’era solo Renzi, alle Europee Salvini aveva preso il 6%. Come cambiano rapidamente le stagioni...

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT