18 aprile 2019 - 11:50

Chi è Vito Nicastri: da elettricista a «re dell’eolico» ai rapporti con Cosa Nostra

L’imprenditore arrestato nell’ambito delle indagini che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati del sottosegretario Siri. Definito «il signore del vento», sarebbe al centro di un giro di corruzione che coinvolge funzionari regionali

di Felice Cavallaro

Chi è Vito Nicastri: da elettricista a   «re dell’eolico» ai rapporti con Cosa Nostra
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TRAPANI – Campeggiava già nel 2013 l’ombra del numero uno di Cosa Nostra ancora in libertà, Matteo Messina Denaro, quando la Dia confiscò per la prima volta un patrimonio da un miliardo e 300 milioni di euro a Vito Nicastri. Fino ad allora ritenuto un affermato imprenditore siciliano di 57 anni, subito soprannominato “re dell’eolico”, pronto a volare anche sulla prima pagina del Financial Time che lo definì “il signore del vento”, ricostruendone gli esordi da semplice elettricista.

Ma improvvisamente si fermava la carriera dell’impetuoso industriale per il quale scattava un obbligo di soggiorno nel suo comune di residenza, Alcamo, a metà strada fra Palermo e Trapani. Subito bacchettato dalla diffidente Confindustria dell’epoca, non ancora travolta dall’inchiesta Montante, con il vice presidente nazionale Ivan Lo Bello balzato via Twitter contro Nicastri: «Messina Denaro riferimento di tanti imprenditori insospettabili che tutelano e gestiscono il patrimonio del vero capo di Cosa nostra».

La «vera mafia» di Sgarbi

Presa di distanza immediata da questo presunto demiurgo dell’intrigo politico-mafioso che aveva già conficcato centinaia di pale eoliche sui pendii siciliani con disappunto di Vittorio Sgarbi, pronto da sindaco della vicina Salemi, a tuonare contro la deturpazione della bellezza dei luoghi e contro “la vera mafia”, quella degli appalti sull’energia rinnovabile. In fondo dicevano la stessa cosa alla Dia ai tempi di quell’operazione adesso riesplosa per i rapporti con il sottosegretario Siri. Per l’allora direttore Arturo De Felice, alla guida di un ufficio assimilato all’americano Fbi, le indagini sul “signore del vento” costituivano “un modo per colpire al cuore l’aria grigia di Cosa nostra”. Scattarono così i sigilli per 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 98 beni immobili fra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette “disponibilità finanziarie” fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento.

Dalla Danimarca alla Spagna

Ma come si era arricchito l’elettricista di Alcamo? Nelle carte giudiziarie resta una sola spiegazione: «Grazie alla contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata», in virtù di «una tumultuosa dinamica di affari e rapporti intrattenuti anche con società lussemburghesi, danesi e spagnole». Tutto ciò reso possibile per «la vicinanza ai più noti esponenti mafiosi» che gli avrebbero fatto assumere «per il settore specifico una posizione leader i diverse regioni, in Lombardia, Lazio e Calabria oltre che in Sicilia occidentale». In tempi recenti la Dia con il nuovo direttore Giuseppe Governale ha ricontrollato quegli atti proseguendo l’inchiesta sfociato appena un anno fa nell’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia aggravata dall’articolo 7. Perché Nicastri avrebbe messo le sue aziende a disposizione per gli affari sporchi dei boss di Salemi e Vita. Una rete di rapporti che, nonostante tutto, gli avrebbe permesso di continuare a fare affari ottenendo in tempi recenti dei permessi da parte dell’assessorato regionale all’Energia, dove infatti sono in corso delle perquisizioni.

Le coperture politiche

E’ come se i presunti complici istituzionali di Nicastri non avessero mai ascoltato la riflessione già cristallizzata nelle parole di De Felice per togliere l’ossigeno a mafia e fiancheggiatori: «Partendo dalle banche, dai conti, dal portafoglio, dalle coperture criminali...». Comprese quelle politiche? La risposta sei anni fa prevedeva già l’esito odierno: «Tutto il contesto porta alle coperture politiche. Non a caso in passato Nicastri ha avuto condanne per corruzione. E’ la materia su cui continuare a indagare. Oggi siamo al primo step. Ma non ci fermiamo. Puntando anche alla cattura di Messina Denaro». Aspirazione non ancora appagata quest’ultima, mentre nel “contesto” delineato prendono forza del folate del vento che sembra infuriare sulla Regione siciliana e soffiare perfino attorno al Viminale.

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