18 aprile 2019 - 21:48

Tria, la strategia dopo gli attacchi: «D’ora in avanti verità senza sconti»

Il ministro dell’Economia: «Vogliono mandarmi via? Io non sono attaccato alla poltrona». Ma non pensa a dimettersi

di Federico Fubini

Tria, la strategia dopo gli attacchi: «D’ora in avanti verità senza sconti» Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, 70 anni
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Qualcosa è scattato nella testa di Giovanni Tria e una frase da lui stesso pronunciata di recente lo lascia capire. È stato quando il ministro dell’Economia ha detto al Corriere, qualche giorno fa, qualcosa di apparentemente anodino: «Mi chiedo chi è che passa ai giornalisti queste cose». Le «cose», naturalmente, sono i pettegolezzi sulla sua vita privata e soprattutto sul conto dei suoi familiari. Sono le informazioni sul posto di lavoro di Nicolò Ciapetti, il figlio della seconda moglie del ministro: secondo una fuga di notizie poi alimentata e cavalcata da vari esponenti della maggioranza ci sarebbe stato un conflitto d’interessi, perché il ragazzo è impiegato presso il compagno di una consigliera del ministero dell’Economia. Poi sono arrivate altre «cose»: le polemiche, di nuovo alimentate nella maggioranza, per le attività del figlio del ministro impegnato nei salvataggi di migranti nel Mediterraneo. Persino questo ha fatto discutere, anche adesso che l’incidenza dei naufragi sul totale delle imbarcazioni è tornata a livelli molto alti.

Tria chiaramente non pensa che queste informazioni siano puri e semplici frutti dell’inchiesta di qualche cronista: al contrario vorrebbe proprio capire chi è che violi la privacy sua e soprattutto dei suoi familiari per alimentare controversie politiche su di lui. Ed è proprio questa forma di pressione ad aver probabilmente contribuito all’evolversi nelle attitudini del più tecnico dei ministri verso governo «sovranista». Non che ci sia in lui alcuna intenzione di dimettersi, come invece Tria aveva pensato di fare a novembre scorso se l’Italia non avesse raggiunto un accordo con la Commissione Ue per evitare una procedura per deficit eccessivo a Bruxelles. Adesso il ministro non pensa affatto di sbattere la porta, anche se di recente gli è sfuggito uno sfogo piuttosto esplicito: «Vogliono mandarmi via? Io non sono attaccato alla poltrona».

Ma le sue non sono parole di sfida agli azionisti politici del governo, 5 Stelle e Lega. Non sono neanche l’espressione di un progetto o di un desiderio. Semmai, dimostrano che il modo con il quale Tria intende restare nel governo negli ultimi mesi è cambiato: il ministro intende cercare di portare avanti il programma di governo — disinnesco degli aumenti delle imposte indirette, tagli alle tasse per i ceti medi — non farà sconti a nessuno. Non intende essere lui il ministro che, in maniera un po’ troppo caritatevole, fa lo sconto di verità troppo scomode ai suoi colleghi di governo e all’opinione pubblica. Di qui i numeri impietosi del recente Documento di economia e finanza, che per tutta la legislatura prevedono una crescita più bassa del già brutto 2018. Di qui anche le audizioni sul Def in Parlamento, dove l’economista universitario ha detto chiaro e tondo che gli aumenti dell’Iva si possono evitare solo a condizione di sostituirli con altre misure che impediscano al deficit di esplodere. Di qui anche la messa in guardia contro ogni possibile forzatura, nella gestione di entrate e spese, sull’autonomia reclamata dalle regioni del Nord.

Ma c’è più della subdola aggressione alla privacy familiare, ad aver eroso la pazienza del ministro. Lo scarico di responsabilità da parte delle forze politiche vi ha contribuito almeno altrettanto. C’è la pressione dei 5 Stelle a liquidare indiscriminatamente i rimborsi proprio a tutti i risparmiatori delle banche in dissesto, malgrado i rischi legali che graverebbero sul ministro in caso di versamenti che la Corte dei conti ritenesse indebiti. L’accordo negoziato dal ministero dell’Economia a Bruxelles per indennizzare in modo automatico oltre il 90% di chi ha perso denaro con i fallimenti bancari era già molto favorevole. Ma neanche questo è bastato agli azionisti politici di Tria. Per non parlare delle pressioni che il ministro e i suoi tecnici stanno già ricevendo per trovare soluzioni «tecniche» al più politico dei problemi: decidere come far quadrare i conti dell’anno prossimo. Il ministro ci proverà, fino in fondo. Ma non a prezzo di perdere la faccia e prendersi la colpa di una situazione finanziaria, a dir poco, sempre più ingarbugliata.

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