26 aprile 2019 - 23:16

M5S-Lega, affrontare la Finanziaria o la crisi. Il bivio degli alleati (senza più alibi)

Dopo il 26 maggio dovranno decidere: non c’è la terza via di un’altra maggioranza. La scelta di come «investire» i voti che avranno conquistato, per evitare di dilapidare un patrimonio

di Francesco Verderami

M5S-Lega, affrontare la Finanziaria o la crisi. Il bivio degli alleati (senza più alibi)
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È un classico. Più aumentano le difficoltà, più si tendono a scaricare le responsabilità su qualcosa o su qualcuno: si va dal complotto giudiziario all’accerchiamento dei poteri forti, fino alle manovre della finanza mondiale. Anche il leader grillino e il capo del Carroccio sembrano intenzionati a usare questo antico canovaccio, che offre numerose sindromi da utilizzare mediaticamente come arma di distrazione di massa. E mentre continuano a darsele, nel tentativo di spartirsi il consenso alle Europee, Di Maio e Salvini iniziano a far trapelare certe suggestioni, certi timori su cospirazioni interne e internazionali congegnate per far cadere il governo del «cambiamento» e avviare la «restaurazione». Rispetto al passato c’è però una novità, perché il sospetto della congiura è un’accusa che si scambiano reciprocamente gli stessi partiti di maggioranza, convinti di scorgere l’ombra del pugnale persino nella mano dell’alleato. I Cinquestelle additano i leghisti d’intendenza col nemico berlusconiano. I leghisti segnalano la contiguità dei Cinquestelle con pezzi della magistratura. E insieme vedono fantasmi dappertutto, disegnano allarmati scenari sul «ritorno di Draghi in Italia a fine anno» e sull’avvento di «un uomo nuovo alla guida di un nuovo schieramento».

Il vero scoglio

Sembrerebbero preoccupazioni infondate, visto che — sondaggi alla mano — l'asse gialloverde oggi è maggioranza nel Paese, e le opposizioni appaiono divise e incapaci di costruire una vera alternativa di governo. Ma il consenso è come un cono gelato a ferragosto: si scioglie rapidamente. E dopo il 26 maggio Di Maio e Salvini dovranno decidere come «investire» i voti che avranno conquistato, per evitare di dilapidare un patrimonio. Il problema che dovranno risolvere non è legato ai casi giudiziari di questi giorni e nemmeno ai nodi programmatici che si sono aggrovigliati: se ci sarà la volontà politica, li scioglieranno; altrimenti li potranno utilizzare come pretesto per rompere il sodalizio. Perché il vero scoglio sarà un altro: la Finanziaria. Che dovrà tenere in equilibrio i conti pubblici disastrati, le difficili condizioni economiche del Paese e le aspettative dei mercati a cui si richiedono i soldi per la copertura del debito. «Non ci sono le premesse per affrontare una simile prova», confessa un autorevole esponente dei Cinquestelle, assai vicino a Di Maio. Ed è la stessa ammissione offerta da un dirigente leghista di primo piano, stretto di Salvini, che sospira in preda al panico mentre parla della legge di Stabilità.

Svanite le teorie complottiste

Se così stanno le cose, i sussurri e le grida dei vice premier somigliano allora ad altrettanti escamotage, dei modi per precostituirsi un alibi e dunque una via d’uscita. Non si sa mai. Ma chi è salito negli ultimi giorni al Colle, è sceso con la convinzione che il Quirinale — quando verrà il momento — non offrirà pretesti. Il convincimento è che secondo il capo dello Stato non esistano oggi condizioni politiche e numeriche tali da poter formare un altro governo con un’altra maggioranza in questo Parlamento. È una formula che smentisce in un colpo solo due tesi accreditate negli ultimi tempi anche da rappresentanti dell’esecutivo e della maggioranza: la prima è che «dopo di noi Mattarella metterebbe un tecnico a palazzo Chigi»; la seconda è che «Mattarella non ci farebbe votare durante la sessione di bilancio», in autunno. Non è così. Chi è stato al Quirinale ritiene che sia finita la stagione dei tecnici e che non esistano stagioni in cui non si possa andare alle urne. D’incanto svaniscono le teorie complottiste e cadono gli alibi costruiti attorno al ruolo del Colle, che semmai affida a Di Maio e Salvini la penultima parola.

Niente scorciatoie costituzionali

Dal 27 maggio cambierà radicalmente il quadro e i vice premier si troveranno davanti al bivio: toccherà a loro decidere se fare la Finanziaria o fare la crisi e assumersi la responsabilità di riportare l’Italia al voto dopo appena un anno di legislatura. Non ci sono terze vie, anche perché non ci sono scorciatoie costituzionali dietro cui nascondere le difficoltà politiche. Che saranno determinate anche dai nuovi rapporti di forza nella maggioranza. Per «aggiornare» il contratto di governo, per esempio, Cinquestelle e Lega si baseranno ancora sui numeri delle elezioni politiche o varranno i numeri delle elezioni europee? E non c’è dubbio che nella disputa e nelle determinazioni finali avranno un peso i numeri della Finanziaria. Senza alibi.

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