8 febbraio 2019 - 13:22

Salvini invita il ministro dell’Interno francese a Roma. La replica: «Non mi faccio convocare da nessuno»

Il vicepremier leghista invia una lettera a Castaner all’indomani della crisi diplomatica scoppiata con Parigi ma la risposta è piccata. Di Maio: «Con Macron siamo avversari politici ma facciamo parte di governi di popoli che sono amici»

Salvini invita il ministro dell’Interno francese a Roma. La replica: «Non mi faccio convocare da nessuno»
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Francia-Italia, la polemica continua. Matteo Salvini, come aveva annunciato giovedì sera in conferenza a Pescara, ha spedito una lettera al collega francese Christophe Castener, invitandolo a Roma «per un confronto ed un proficuo scambio sui dossier aperti» e per «confermare una concreta volontà di collaborazione». Ma il ministro dell’Interno francese non ci sta: «Non mi faccio convocare» da nessuno, risponde piccato Christophe Castaner, parlando ai microfoni di Bfm-Tv . Poi aggiusta il tiro: con l’Italia il dialogo «è costante» ma dev’essere «rispettoso». Salvini, afferma rispondendo ai microfoni di Bfm-Tv a una domanda sulla `convocazione´ del ministro dell’Interno italiano, «sono pronto anch’io ad accoglierlo. Penso che le missioni diplomatiche non debbano farsi di nascosto ma in modo ufficiale».

Secondo Salvini Italia e Francia «da sempre condividono solidi rapporti bilaterali, con particolare riferimento ai campi della sicurezza, del terrorismo e dell'immigrazione» che «possono e devono ulteriormente essere sviluppati nell'interesse strategico reciproco». Nella lettera Salvini anticipa che c’è «vivo interesse» per la collaborazione offerta dalla Francia «a proposito dei rimpatri dei migranti economici». «In attesa di incontrarla personalmente in una data che i nostri uffici potranno concordare - conclude il vicepremier leghista, facendo seguito all’annuncio di giovedì - voglia gradire i sensi della mia stima, unitamente ai saluti più cordiali». Anche Di Maio aveva smorzato i toni. «In corso non c’è alcuna lite. Io ho il diritto di incontrare altre forze politiche e collaborare allo stesso tempo con il governo francese. Con Macron siamo avversari politici ma facciamo parte di governi di popoli che sono amici», afferma il vicepremier parlando con i cronisti a Pescara parlando dello strappo tra Roma e Parigi, l’ultimo di una serie di fronti aperti con cui il governo italiano deve fare i conti.

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La missiva, all’indomani del richiamo dell’ambasciatore francese a Parigi per la serie di tensioni con l’esecutivo M5S/Lega, culminate nel rinnovato appoggio di Luigi Di Maio alla causa dei gilet gialli e nella nuova polemica sui controlli alle frontiere. Salvini ha accennato al possibile vertice chiarificatore anche venerdì mattina, in comizio vicino L’Aquila: «La sfida è sul turismo, portare più italiani, magari più francesi in Abruzzo. Ne parlerò con Macron, per un gemellaggio tra la Francia e l’Abruzzo». Confindustria si rivolge al premier affinché «chiami Macron e normalizzi la vicenda, specificando che sono state delle battute a livello di partiti e non rapporti tra governi». «Conte, che è stato garante di tutti noi italiani per evitare la procedura di infrazione - aggiunge il presidente, Vincenzo Boccia - ora sia garante dei rapporti diplomatici, perché una cosa sono le relazioni tra paesi e un’altra le piattaforme dei partiti: i francesi hanno investito 60 miliardi di euro in Italia e noi 25 miliardi in Francia, forse è opportuno evitare frizioni gratuite».

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Sugli sviluppi della querelle interviene anche l’altro vicepremier: «Noi siamo zen, è inopportuno che il governo francese si arrabbi con quello italiano - sostiene Di Maio, anche lui in tour elettorale per le imminenti regionali -. Noi siamo sempre disponibili saremo sempre disponibili a lavorare con il governo francese su tutte le questioni, non abbiamo mai smesso di tendere la mano: se poi significa non poter dialogare con nessuna forza politica all’infuori di `en Marche´ credo che sia sbagliato come concetto». Il leader M5S si è anche prodotto in una piccola gaffe parlando, in una lettera al quotidiano «Le Monde», di «millenaria tradizione democratica» francese, quando solo la Grecia - se vogliamo considerare l’Atene di Pericle come pallido abbozzo di democrazia - può vantare al mondo tale «tradizione». Roberto Fico minimizza: «La politica è un discorso, le istituzioni sono un altro», e queste «restano ben salde»: per il presidente della Camera il ritiro dell’ambasciatore dell’Eliseo «rientra in rapporti sicuramente tesi ma reciproci, non unilaterali». Anche da parte sua, come dal capo dello Stato Sergio Mattarella, l’invito generale resta comunque quello di abbassare i toni.

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