5 gennaio 2019 - 13:43

Decreto sicurezza e immigrazione, che succede ora?

Molti sindaci hanno chiesto modifiche, ma il decreto voluto dal vicepremier Salvini è ormai legge. La regione Toscana, però, ha annunciato un ricorso presso la Corte Costituzionale. E ora che cosa può succedere?

di Dino Martirano

Decreto sicurezza e immigrazione, che succede ora?
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Cosa succede ora che la giunta regionale della Toscana ha deciso di ricorrere presso la Corte Costituzionale contro l’applicazione del decreto sicurezza-immigrazione?

Il primo passo formale

Già domani, come annunciato dal governatore Enrico Rossi (Pd), la giunta regionale riunita a Firenze potrebbe deliberare la richiesta alla Consulta per esaminare un conflitto tra Stato e Regione Toscana (articolo 117 della Costituzione) per una (ancora presunta) invasione di campo del governo e del Parlamento sulle regole che riguardano invece materie di competenza regionale.

Tempi rapidi (se la tesi è ammissibile)

Si tratta di un accesso diretto ai «giudici delle leggi» e per questo i tempi per un decisone dell Corte potrebbero essere abbastanza rapidi (60 giorni), ammesso poi che la Consulta ritenga ammissibile la tesi della giunta toscana.

La procedura «incidentale»

Più lenta (un anno) ma anche più efficace, invece, la procedura incidentale che potrebbe investire la Corte se a muoversi saranno i Comuni o i singoli immigrati attraverso un giudice.

Che cosa sosterrà la Regione Toscana?

In buona sostanza, la giunta della Toscana sosterrà che lo Stato, pur rispettando le sue competenze sul tema esclusivo dell immigrazione, di fatto incide su materie come la salute e l’istruzione che sono concorrenti, cioè affidate ai principi sanciti dal potere centrale ma a quelli di dettaglio della periferia. Di fatto, sostiene la Toscana, l’impossibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe, contenuta nel decreto Salvini, nega loro il diritto di accedere alle cure sanitarie e di iscrivere i figli a scuola. Queste, le conseguenze di dettaglio del decreto Salvini che andrebbero a ledere le prerogative delle regioni.

«Una tesi ardita»

Ma su questo tema - quello della «ridondanza» sulle norme regionali - la Corte ha fin qui agito usando criteri molto ristretti i. È prudente, infatti, la previsione del costituzionalista Stefano Ceccanti che è anche deputato del Pd: «Fanno bene a tentare perché il decreto è in parte incostituzionale ma la tesi è sicuramente ardita». Diverso, invece, il discorso se un richiedente asilo,per il tramite di un giudice «a quo», chiedesse conto alla Corte per i diritti violati: diritto ad avere un domicilio, alle cure sanitarie e all’istruzione.

Il precedente favorevole

«La materia sanitaria, assistenziale e l’istruzione - spiega il governatore Enrico Rossi - sono materie concorrenti su cui le Regioni, per il titolo V della Costituzione, hanno potere di legiferare. Già nel 2010 la Corte Costituzione si era pronunciata contro il governo Berlusconi e aveva dato ragione alla Toscana su una legge analoga che riconosceva il diritto di ogni persona alla cura. Forte di quella sentenza la Giunta propone ora al Consiglio regionale una legge più estesa e precisa, l’esatto contrario di quella del Governo, che invece viola i diritti fondamentali della persona umana. Confidiamo che possa essere approvata in via definitiva per la metà di gennaio». Il presidente Rossi è disponibile anche a valutare insieme ai sindaci l’esercizio previsto dalla legge La Loggia che indica la possibilità per i Comuni di richiedere attraverso il Consiglio delle Autonomie Locali che sia la Regione a farsi carico del ricorso alla Consulta in tempi più rapidi anche su materie dei Comuni e su competenze dei sindaci. Rossi ha infine ricordato che già prima della conversione del decreto la Regione aveva denunciato insieme ad Anci gli effetti che questo può produrre sul territorio con 5000 persone che solo in Toscana sarebbero costrette all’irregolarità, creando problemi ai sindaci e producendo insicurezza e criticità di gestione sociale.

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