10 gennaio 2019 - 22:19

Tav, precostituirsi un alibi: la tattica M5S in attesa del «verdetto»

Il Movimento e il rischio di essere «costretti» a far passare l’opera

di Marco Imarisio

Tav, precostituirsi un alibi: la tattica M5S in attesa del «verdetto»
shadow

Sulla Tav il Movimento Cinque stelle continua a fingere che la realtà non esista. Ogni tanto se ne trova qualche traccia in documenti poco reclamizzati in Italia, come nelle comunicazioni ufficiali che il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli invia alla sua omologa francese, Elisabeth Borne, sempre condite dall’inevitabile premessa, «Nel rispetto del trattato internazionale».

Peccato che nelle abbondanti esternazioni quotidiane degli ormai ex grillini questo dettaglio venga sempre omesso, per quanto di fondamentale importanza. Con qualche buona ragione, dal loro punto di vista. Ogni decisione sulla linea ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lione verrà infatti presa nel rispetto di un trattato internazionale approvato nel 2017 dai parlamenti di Parigi e Roma, che per essere cancellato dovrebbe nuovamente passare dal voto della Camera e dal Senato, dove conteranno i voti dei leghisti del nord, che da quell’orecchio hanno già detto di non sentirci troppo, pena la rivolta delle loro basi elettorali.

Ma tacere l’esistenza di un collo di bottiglia non significa eliminarlo. Così come non potranno evaporare alcuni effetti collaterali di una eventuale rinuncia alla Tav, a cominciare da una figuraccia internazionale della quale l’analisi costi-benefici certo non può tenere conto. Lo stop ai lavori per ragioni che non siano cataclismi naturali o colpi di Stato sarebbe una prima volta assoluta, per non parlare delle possibili ricadute su altre infrastrutture finanziate dall’Unione europea, previste proprio da quell’accordo. Difficile che si arrivi a tanto, ma in quel caso il coltello dalla parte del manico ce l’avrebbero proprio i tanto detestati burocrati di Bruxelles.

Neppure l’evidenza del fatto che una partita delicata come questa non potrà essere decisa da un solo soggetto politico sembra avere importanza. Quel che più conta è la propaganda, che per i pentastellati di governo sembra diventata l’unica moneta da spendere. L’attesa messianica creata ad arte intorno a una analisi costi-benefici dell’opera dall’esito negativo annunciato serve solo alla precostituzione di un alibi da presentare ai propri sostenitori quando verrà il momento di fare i conti, anche e soprattutto con la realtà.

All’ordalia parlamentare non ci si arriverà mai, se non per sancire l’impossibilità della convivenza tra le due anime dell’attuale governo. Ma anche questo non si deve dire, perché in conflitto con la narrazione già scritta da tempo dagli strateghi a Cinque stelle, che prevede all’inizio un’ampia cassa di risonanza al «no» dell’analisi costi-benefici voluta da Toninelli, ultima in ordine di tempo dopo altre sette che invece avevano dato esito positivo. Perché l’unica cosa davvero importante è far sapere ai propri sostenitori che ce la stanno mettendo tutta contro l’infrastruttura divenuta per loro simbolo di ogni nefandezza da grande opera. Poi verrà lo scontro apparente con i poteri forti, brutti e cattivi, di qualunque latitudine, e infine, buona ultima, la presa d’atto dei fatti, finora negati con l’insistenza propria di una infinita campagna elettorale.

L’uso della razionalità o il richiamo ai doveri che competono a chi riveste cariche istituzionali non sono previsti per la Tav. Il No a quell’opera è un valore non negoziabile, iscritto nel Dna del M5S così come l’abbiamo conosciuto finora. Per questo Luigi Di Maio si mostra freddo sull’ipotesi di una consultazione popolare sulla Torino-Lione, caldeggiata da un inedito asse Pd-Lega. Quel referendum, che si svolga in Italia, in Piemonte o persino in Val di Susa, toglierebbe ogni possibile alibi. Non è un caso che questa eventualità sia sempre stata vista come il fumo negli occhi dal movimento No Tav, ben consapevole di essere minoranza anche a casa propria.

Quando arriverà il momento di decidere, M5S avrà senz’altro un grosso problema. L’analisi costi-benefici diventerà così il feticcio al quale aggrapparsi per dire che la colpa è degli altri, che il Movimento è solo contro tutti, fingendo di ignorare il fatto che la decisione può e deve essere solo di natura politica. Ma questa continua a essere semplice propaganda. Chi sta al governo dovrebbe avere altre priorità. E magari un diverso senso di responsabilità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT