16 gennaio 2019 - 22:17

«Prendano Casimirri, rapitore di Moro protetto anche in Vaticano»

L’ex ministro Fioroni: tante anomalie sul latitante del sequestro Moro, dentro e fuori il Vaticano

di Virginia Piccolillo

«Prendano Casimirri, rapitore di Moro protetto anche in Vaticano»
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Le polemiche sul video con il ministro Bonafede esultante per la cattura di Battisti divampano. Fino ad oscurare quelle sulle coperture politiche che hanno garantito la latitanza del terrorista. Giuseppe Fioroni, da ex presidente della commissione parlamentare che ha indagato sul terrorismo e il rapimento di Aldo Moro, cosa ne pensa?
«Che il ministro si voglia mettere il pennacchio della cattura di Battisti, dovuta a un lavoro iniziato prima del suo governo, non mi sconvolge. Lo fanno un po’ tutti. Il problema è l’altro».

Cioè?
«La rete di protezione che ancora sussiste. Allora io dico bene aver preso Battisti, ma ora bisogna andare avanti».

Verso dove?
«Il vero pezzo grosso da prendere: Alessio Casimirri».

Il terrorista che partecipò al sequestro Moro latitante in Nicaragua?
«Partecipò anche all’omicidio del giudice Girolamo Tartaglione e all’agguato a Giovanni Galloni. Ma non ha mai fatto un minuto di galera, grazie alle sue coperture».

Si parlò di entrature in Vaticano.
«Suo padre fu capo ufficio stampa di tre papi. E si pensa che per questo ebbe un ruolo nella trattativa tra br e Vaticano per liberare Moro. Ma l’errore è pensare che a coprirlo è stata solo la sua famiglia».

Invece?
«Fu protetto anche da fuori del Vaticano. Ciò che è emerso durante il lavoro della commissione Moro lo prova».

Cosa?
«Lui già nel ‘70 e nel ‘72 era stato fermato dalla polizia per aggressioni di esponenti di destra e un “esproprio proletario”. Ma gli venne concesso il porto d’armi e la licenza per un negozio di caccia!».

Una svista?
«Non credo. Ad aprile del ‘78, con Moro sotto sequestro, viene perquisita una sua abitazione, annessa a una parrocchia. Viene trovata un’agendina zeppa di contatti con personaggi legati all’eversione. Ignorata».

E lui fugge in Nicaragua.
«Si dice così, ma è falso. Nell’82 viene riconosciuto alla Festa de Noantri dal padre di Jovanotti, funzionario del Vaticano che lo conosceva sin da bambino e che subito denuncia la cosa lasciando il proprio numero di telefono. Nessuno lo contatta. Abbiamo ritrovato addirittura un cartellino fotosegnaletico dei carabinieri con la sua foto: abbiamo denunciato alla procura di Roma il depistaggio».

Storie passate?
«No, la catena di coperture non si interrompe mai. Nel ‘93 il Sisde va in missione segreta in Nicaragua. Lui inizia a collaborare. Ma c’è una fuga di notizie, un incidente diplomatico e lui smette».

Però ormai non è impossibile prenderlo, visto che è cittadino nicaraguense?
«Volere è potere. L’Italia ha cancellato il debito ma il Nicaragua non ha mai sentito la necessità di ridarcelo. Ma come per Battisti la rete di protezione può venire meno se si fa un lavoro serio».

Crede sia ancora protetto?
«Sta lì, fa il ristoratore, ha una scuola di sub, tutti lo sanno. Più protetto di così...».

A chi fa paura?
«Su quegli anni c’è un perimetro del dicibile, tracciato dai pentiti. Oltre non va nessuno. Casimirri è in grado di accendere un faro sugli anni bui della nostra Repubblica. Perché aveva un grosso peso nelle Br. Sa molte cose, scomode per i terroristi, ma forse anche per lo Stato».

Potito Peruggini, familiare di una vittima del terrorismo, chiede una commissione per far parlare chi sa in cambio di impunità. È d’accordo?
«Certo. Lo avevamo proposto in commissione. Non basta dire: non lo farò più. Serve la verità
».

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