20 maggio 2019 - 23:37

Il decreto e l’ira di Salvini: l’ho corretto, ora deve passare

Il vicepremier e ministro dell’Interno: «Per me l’iter è chiuso». La Lega resiste sulle misure del Movimento 5 Stelle: non c’è urgenza, né le coperture

di Marco Cremonesi

Il decreto  e l'ira di Salvini:  l'ho corretto, ora deve passare
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«Ma no, ma no... non vedo grandi guerre. Usciremo tranquilli». Matteo Salvini si sta preparando al Consiglio dei ministri della serata e sembra effettivamente disteso. Certo, mette le mani avanti: «A meno che qualcuno non si inventi qualcosa di stravagante, tutto dovrebbe prendere la strada giusta». Sei ore più tardi, a mezzanotte, il leader leghista è infuriato: «Non faccio marcia indietro. Sto qui tutta la notte se serve». Poi, si riunisce con Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e i tecnici dei ministeri: «Per quanto mi riguarda — dice — i 17 articoli del decreto Sicurezza bis sono pronti. Normalità vorrebbe che martedì l’iter fosse finalmente concluso». Non è detto che sia così, il testo finale probabilmente dovrà essere letto anche dal Quirinale.

Mentre tutti da vedere restano gli altri due provvedimenti chiave del Consiglio dei ministri, il decreto Famiglie di Luigi Di Maio e le Autonomie. «In ogni caso — chiarisce Salvini — non è che il Sicurezza sia legato in qualche modo al famiglie. Non è che debbano procedere di pari passo». Un riferimento al fatto che, secondo i leghisti, il premier Conte avrebbe preferito rimandare le pratiche a dopo le Europee. Il Consiglio dei ministri si apre quasi alle 21. Approvato (salvo intese) il dl sui magistrati onorari, il primo punto nevralgico è il decreto Famiglia fortemente voluto da Luigi Di Maio. Prevede un miliardo di euro da destinare alla natalità da reperire tra i residui del reddito di cittadinanza. Ma il premier Conte, durante il Consiglio dei ministri è stato costretto ad ammettere quello che già era stato anticipato dalla Ragioneria: «Al momento i tecnici ci segnalano che, così come è, il decreto è privo delle coperture necessarie». Interviene anche Giovanni Tria: «Al momento non siamo affatto in grado di dire se e quali saranno i risparmi sul reddito di cittadinanza».

La discussione soltanto per un breve momento si occupa di autonomie ma l’argomento viene lasciato cadere, o comunque posticipato. La ministra Erika Stefani sbotta: «Se avete cambiato idea, ditelo». L’altro punto incandescente, il decreto Sicurezza bis, aveva avuto una sorta di via libera dal ministro Toninelli: «Non abbiamo mai avuto perplessità, c’erano semplicemente dei dettagli tecnici sbagliati». Dentro la Lega si ringhia: «Ogni loro dichiarazione punta a sottolineare che noi non sapremmo scrivere le leggi». A Palazzo Chigi, Giuseppe Conte parla di «criticità» e evoca il Quirinale. Matteo Salvini sbuffa: «Attendo di capire quali sarebbero le criticità. A noi nessuno ha espresso nulla». Ma il vicepremier vuole portare a casa il risultato: «Diteci quale è il problema, sospendiamo il Consiglio e correggiamo il decreto. Ma su questo siamo disposti a contarci nel Consiglio». Bisogna correggere il decreto. Lo fanno Salvini, Di Maio, il premier Conte e i tecnici dei ministeri. Le correzioni al decreto salviniano vengono fatte, anche se tecnicamente non può essere approvato. Quello di Luigi Di Maio, presenta le sue criticità, a cui si aggiungono quelle dei requisiti di urgenza. Il sipario cala sulla giornata con le dichiarazioni di Salvini.

In realtà, rispetto ai sovracuti degli ultimi giorni la giornata tra Lega e Movimento 5 Stelle non era stata di quelle devastanti. A dispetto di un inizio che faceva temere il peggio. Il presidente del Consiglio non ha tenuto nascosta a nessuno l’irritazione («La cosa non è grave, è gravissima») per l’intervista alla Stampa in cui il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha detto di lui che «non è una persona di garanzia, è espressione del M5S». Però, il potente sottosegretario è molto lontano da Palazzo Chigi: si trova all’hotel Four Seasons di Milano per un incontro con i rappresentanti delle multinazionali Usa in Italia e delle imprese italiane negli Stati Uniti. Appuntamento fissato da tempo, giustificazione non diplomatica. Una soddisfazione della giornata, però, il ministro dell’Interno l’ha avuta. Nel pomeriggio, infatti, una Skoda grigia con targa Vaticana ha varcato l’ingresso del Viminale. A bordo c’era l’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski: il porporato aveva riallacciato l’elettricità in un palazzo occupato. Ne ha dato notizie Formiche.net spiegando che il cardinale era accompagnato da Daniela Pompei, responsabile dei corridoi umanitari per Sant’Egidio. Tema, la grave situazione a Lesbo. Ministro e cardinale, però, non si sono incontrati, Salvini non era al ministero. L’esponente vaticano ha dunque affrontato la questione con il capo di gabinetto, Matteo Piantedosi.

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