2 marzo 2019 - 23:14

Primarie pd, oggi il verdetto
Ecco chi si schiera con i tre in lista

Renzi: «Chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito»

di Maria Teresa Meli

Primarie pd, oggi il verdetto Ecco chi si schiera con i tre in lista
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Prima c’è stato l’appello al voto di Prodi, poi quello di Veltroni. E alla fine, proprio alla vigilia delle primarie (per cui si voterà dalle otto di questa mattina alle otto di stasera), sono giunte anche le parole rassicuranti di Renzi. Senz’altro quelle destinate a incidere di più sulle sorti di un partito, come il Pd, finora dilaniato da lotte intestine.

«Auguri a Martina, Zingaretti, Giachetti — scrive l’ex segretario nella sua Enews — mi fa piacere che tutti e tre abbiano escluso accordi con i Cinque Stelle e ritorni al passato. Chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito. Anche se vota meno gente dell’altra volta non significa nulla: il Pd è l’unica forza politica che si affida alla democrazia». Due i passaggi importanti di Renzi. Quello in cui depotenzia in anticipo la polemica sull’affluenza: anche se saranno un milione di elettori ad andare a votare, cioè il record storico negativo per un Pd che nel 2007 eleggeva Veltroni con oltre tre milioni e mezzo di voti, non c’è problema. Nessuno punterà a delegittimare il vincitore perché eletto da una platea meno vasta delle volte precedenti.

Il secondo passaggio importante dell’ex segretario è quello in cui, di fatto, assicura al favorito Nicola Zingaretti che lui non lo logorerà dall’interno. Del resto, è veramente questa l’intenzione dell’ex segretario. Anche se il «governatore» del Lazio è sponsorizzato dai suoi nemici, Renzi non gli lavorerà ai fianchi.

Ma questo non vuol dire che l’ex premier, il cui libro si è piazzato al terzo posto nella classifica generale e primo in quella della saggistica, rimarrà dentro il partito. Ogni decisione è rinviata a ottobre quando si capirà come evolve la situazione. Se si andasse alle elezioni tra un anno, infatti, difficilmente potrebbe nascere un nuovo partito, se invece la legislatura proseguisse, allora ci sarebbe lo spazio per un’operazione di questo tipo. Che, comunque, Zingaretti mostra di non temere, perché come ha spiegato nell’intervista al Corriere della Sera, il Pd e l’eventuale nuovo soggetto politico di Renzi sarebbero comunque alleati.

Dunque, per ora il Pd cerca di ritrovare l’unità perduta per affrontare la sfida con il centrodestra. Non a caso ieri Martina e Zingaretti hanno sfilato insieme a Milano. Unità ovviamente non significa unanimismo. Tra gli schieramenti che sostengono i tre candidati le differenze ci sono, come del resto ci sono diverse sensibilità anche all’interno di quelle stesse aree.

Tra gli sponsor di Zingaretti, dentro e fuori il Pd, ci sono Prodi, Letta, Gentiloni, Minniti e Franceschini, ma anche l’ex sindaco di Milano Pisapia, la sinistra interna di Orlando e Cuperlo e quella del vice presidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio, ex Rifondazione comunista.

Con Martina ci sono i capigruppo del Pd alla Camera e al Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci, e due pezzi da novanta del Pd renziano, cioè Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Roberto Giachetti ha invece dalla sua parte l’ala più ortodossa del renzismo: Maria Elena Boschi, Ivan Scalfarotto, Sandro Gozi, Anna Ascani e Luciano Nobili. E ieri, a chiudere la campagna di Giachetti c’era Carlo Calenda, che però non voterà alle primarie, pur avendo deciso di andare al gazebo di piazza del Popolo per fare «il semplice scrutatore» e pubblicizzare il suo manifesto europeista.

Matteo Renzi invece non ha voluto anticipare per chi voterà (anche se alcuni nel Pd ritengono che opterà per Giachetti) però ha promesso che dopo il risultato rivelerà il suo prescelto. Silenzio pure da parte di Walter Veltroni, come da tradizione.

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