7 marzo 2019 - 20:48

Faraone (Pd) e la crisi della figlia autistica: «Rischio di perderla e penso solo a lei»

Il segretario regionale uscito sconfitto alle primarie: «Ha avuto una crisi dalla quale non riesce a uscire. Anche un politico deve dare la precedenza ai sentimenti»

di Felice Cavallaro

Davide Faraone con la figlia Sara Davide Faraone con la figlia Sara
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C’è una casa dove di politica non si parla da domenica scorsa. Anche se in questa vecchia palazzina a tre livelli del quartiere San Lorenzo, fra gli striminziti fazzoletti di verde sopravvissuti al sacco di Palermo, abita il segretario regionale del Pd siciliano Davide Faraone. L’ex sottosegretario di Matteo Renzi che qui ha perso le primarie, scosse anche nell’isola dal vento di Zingaretti. Ma è come se nulla fosse accaduto perché Faraone è sparito dalla scena già domenica mattina, a gazebo aperti. Ed è sparito perché la figlia sta male. Perché questo politico di 43 anni è padre di una sedicenne affetta da autismo. Colpita proprio domenica da una crisi dalla quale non riesce a uscire. Peraltro, mentre la madre volava in Giappone per un viaggio di lavoro. E lui, pur sostenuto dai suoi genitori che vivono nella stessa palazzina, ha fatto una scelta che così spiega, aprendo la porta al Corriere, in tuta, la barba che cresce: «Non rinuncio alla battaglia politica. Ci metto sempre la faccia. Ma chiedo una tregua. Anche se da un uomo pubblico ci si aspetta che stia sempre in campo a qualsiasi costo. E invece non rispondo a segretari di circolo, giornalisti, amici e compagni. Concentrato solo sulla mia piccola che altrimenti rischio di perdere». Non legge giornali, saltella rapido sulle news che illuminano il display del cellulare e si difende dai sospetti addensati anche in settori del Pd: «L’assenza può apparire elemento di debolezza. “Tu uomo politico devi risolvere e occuparti di problemi generali, non fermarti per un tua vicenda personale”. No, dico no a questa logica».

Critiche e giustificazioni sui social?

«Io rischio di perdere mia figlia e non penso di dovere dare una giustificazione. Il bandito che ti insulta sui social c’è sempre. Ma il sospetto che io mi sia fermato utilizzando in modo strumentale un malessere grave sarebbe canagliesco. La comunità politica è spesso così autoreferenziale da non capire quanto benefica sia la scelta di fermarsi per occuparsi di aspetti fondamentali della vita».

Non si riesce a dare precedenza ai bisogni e ai sentimenti della persona?

«La gente normale fa questo. E anche l’uomo politico dovrebbe avvertirne l’esigenza. Ma da questo mondo della politica, dove esiste solo la politica, mi aspetto di tutto. Anche dentro il Pd. Perché io ero come tanti di loro finché non ho scoperto il tema dell’autismo. Alcuni politici sono talmente “professionisti” da oscurare i sentimenti. Gli stessi che io ho scoperto solo quando ho vissuto i miei drammi con la mia piccola».

Mercoledì lei ha scritto un post su Facebook dicendo che la situazione migliorava.

«E invece il giorno dopo è accaduto il peggio. Una premessa. Ci sono dettagli comprensibili solo a chi conosce i problemi dell’autismo. Un elemento è quello dell’autolesionismo in questi ragazzi. Finora mia figlia ha avuto reazioni dure a volte con se stessa. Mai una violenza contro altri. Domenica è cambiato qualcosa. Mi sono ritrovato una bimba che non avevo mai visto. Una furia che non mi riconosceva. Un’estranea».

I medici che cosa dicono?

«Abbiamo fatto delle analisi. C’è un problema intestinale, ma questi ragazzi avvertono il dolore senza saperlo spiegare e scatta la reazione. Con medicine e terapie sembrava in miglioramento».

Invece, al quarto giorno?

«La terapista ha pensato di portarla a Mondello per una passeggiata. Mi ha telefonato disperata un’ora dopo. Sara cercava di denudarsi e scappare. Con mia madre abbiamo fatto una corsa folle. Poi in tre a cercare di tirarla fuori da un’auto per trasferirla sulla mia. A forza. A fatica. Mentre passava una macchina dei carabinieri. Avranno pensato a un sequestro, a violenze. Ho spiegato. Non mi sono presentato e non mi hanno riconosciuto. Ero in tuta. Hanno capito, ma sono stati un po’ a controllare».

Messaggi di comprensione, di solidarietà?

«Tanti. Da Renzi a Del Rio, compresi colleghi con i quali la pensiamo a volte diversamente, da Nico Stumpo a Monica Cirinnà... Ma se vengo attaccato dal vecchio Mirello Crisafulli, euforico per Zingaretti, in nome del rinnovamento, beh, allora sorrido».

Prossima battaglia politica?

«Quella per il cosiddetto “cargiver” familiare, per sostenere chi si prende cura di un familiare bisognoso. Altro che reddito di cittadinanza. Ma occorre anche uscire dal tunnel della vergogna e noi genitori di ragazzi disabili dobbiamo raccontarci perché comunicare fa crescere la solidarietà. Ecco perché ho aperto la porta di casa».

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