7 marzo 2019 - 22:13

Conte sceglie di tutelare Di Maio: «Ma non mi sono schierato contro Salvini. E non vedo crisi di governo all’orizzonte»

L’idea di un rinvio «protettivo». Ma sulle nomine il contratto va avanti senza problemi. E nell’elettorato, probabilmente, l’ostilità alla tratta Torino-Lione non è così diffusa

di Massimo Franco

(Ansa)
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Un rinvio «protettivo». Deciso per preservare un simulacro di alleanza; e magari per permettere a Luigi Di Maio di presentarsi all’assemblea dei deputati del Movimento Cinque Stelle, fissata un’ora e mezza dopo, con un nulla di fatto sulla Tav. A mezza bocca, i seguaci di Beppe Grillo lo ammettono. Ostinato, Giuseppe Conte assicura al Corriere: «Non vedo crisi di governo all’orizzonte». E aggiunge: «Non mi sono schierato con i Cinque stelle contro la Lega». Ma la sua maggioranza si sta azzuffando sulla Tav come mai era accaduto. Il vicepremier grillino Luigi Di Maio definisce Matteo Salvini «irresponsabile» per la sua insistenza sull’esigenza di realizzare l’Alta velocità. E i Cinque stelle invitano a leggere il rinvio della decisione annunciato ieri dal premier come una sfida al capo leghista, dagli esiti incerti. «Può darsi che stavolta Salvini si senta sfavorito, ma non metterà mai in discussione la mia limpidezza», sostiene Conte. «Prendiamo tempo perché è doveroso prima di decidere. Io non ho pregiudizi. Mi pare che sia il Corriere, semmai, pregiudizialmente a favore della Tav. Dopo di che, vedremo. Dovessi decidere con i dati a disposizione, avrei detto di sì con molta fatica. Dopo di che, so che bisogna misurarsi con la realtà e con una procedura in corso. Parleremo con i nostri alleati europei». Difficile fargli ammettere che con la non scelta espressa ieri nella sala stampa di palazzo Chigi, ha fornito a Di Maio una copertura oggettiva; e gli ha permesso di alzare il livello dello scontro dei Cinque stelle con un Salvini considerato troppo protagonista e debordante.

Alleanza asimmetrica

Se il premier avesse dato il via libera all’Alta velocità, tra l’altro, sarebbe scattato un mezzo processo a Di Maio nei gruppi parlamentari incontrati ieri sera. Nell’elettorato, probabilmente, l’ostilità alla tratta Torino-Lione non è così diffusa, anzi. Ma tra gli eletti sì, assillati da un’alleanza sempre più asimmetrica con la Lega. Così, quando Conte si è presentato in conferenza stampa, già era chiara la percezione che non ci sarebbe stato né accordo, né rottura con la Lega: anche se si indovina una sfida al capo leghista affinché decida se rispettare il «contratto di governo» o provocare una crisi. Sembra che la situazione si stia avvitando pericolosamente. Eppure, a contraddire questa immagine c’è quella di una la maggioranza giallo-verde che dà il «via libera» nella Commissione Finanze della Camera alla nomina dell’ex ministro Paolo Savona alla presidenza della Consob: una scelta sulla quale si proietta l’ombra di un conflitto di interessi. E le nomine spettanti al governo continuano a essere inanellate senza intoppi: da Fincantieri all’Inps, dall’Italgas alla Snam.

Ruolo impotente

È il segno che il «contratto» funziona a meraviglia nella pratica di sottogoverno. La Tav è un intoppo, per il valore simbolico che i Cinque Stelle le hanno attribuito; e per le resistenze alle quali la Lega non può rinunciare, con un occhio a un elettorato del Nord già irritato dal «sì» del Carroccio al reddito di cittadinanza. C’è da chiedersi se sia stato gradito, in Lombardia il compiacimento del capo leghista per il fatto che la regione sia la prima per le richieste del reddito. «Orgoglio su orgoglio», ha commentato Salvini. Di certo, nella notte di mercoledì, durante il lungo vertice tra tecnici, premier, i due vice e il ministro Danilo Toninelli, non si poteva trovare nessuna soluzione. Alla fine, sono state analizzate le possibili scappatoie per prendere tempo. E a Conte è stato affidato il ruolo di fotografo impotente dei contrasti, senza tuttavia esagerarli, o forzarli. Il risultato di questo lavorio è stato lo spettacolo sconcertante di un rinvio su tutto, sebbene lunedì il governo debba far sapere se bloccherà i bandi per l’avvio del progetto o no. E dovrà dirlo, perché è un termine ultimo. Ma anche su quello già ieri mattina si parlava di un possibile cavillo per aggirare la scadenza: l’obiettivo è di evitare almeno problemi legali e multe salate. Rimane la questione, enorme, della credibilità di questo governo e dunque dell’Italia sul piano internazionale. Scaricare sul Paese i problemi interni alla maggioranza e al Movimento Cinque Stelle non promette nulla di buono: neppure per la stabilità.

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