13 marzo 2019 - 21:50

Autonomia, Zaia: «Fuori dalla storia chi si mette di traverso. È prevista dalla Carta»

Il governatore del Veneto: «Io non sono preoccupato. C’è un tavolo politico a cui siede Matteo Salvini». «Olimpiadi, chi è l’italiano che può dire di no?»

di Marco Cremonesi

Luca Zaia (Ansa)
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«Io non sono preoccupato. C’è un tavolo politico a cui siede Matteo Salvini». Luca Zaia all’autonomia differenziata per il Veneto lavora da anni ed è la sua sfida politica più forte. Il problema è che nella maggioranza non tutti sono favorevoli: una parte del M5S continua a ritenere che dalle autonomie possano risultare danni al Sud.

In Parlamento l’iter non procede a tambur battente. O lei ha altre indicazioni?
«Il punto è che ora il tavolo è politico. E io guardo le carte che abbiamo in mano, una bozza in Consiglio dei ministri, che ci soddisfa al 70-80%. Io ritengo siano necessarie alcune correzioni in tema di sanità, ambiente, cultura e infrastrutture. Per dire: sono convinto che sia da rivedere la partita sulle concessioni autostradali».

Però non se ne sente più molto parlare…
«Ora bisogna infatti cercare di chiudere politicamente queste ultime partite. Ma ripeto: credo siano in ottime mani perché al tavolo politico c’è Salvini, che segue direttamente e personalmente la partita. La bozza condivisa tra Stato e Regioni arriverà».

Non teme che a Roma il clima non sia quello migliore?
«Il Parlamento deve esprimersi ed è importantissimo che lo faccia. Io penso che la strada migliore sia questa: si firma subito una preintesa con il governo — io lo feci già con il premier Gentiloni — dopodiché questa base diventa l’oggetto di un dibattito parlamentare, che produrrà mozioni e ordini del giorno. Il risultato verrà analizzato e tutto quello che sarà possibile raccogliere, sarà raccolto. Infine, ci sarà il voto: sì o no».

Non teme che le tensioni sulla Tav abbiano ulteriormente complicato la strada delle autonomie?
«Che su un grande cambiamento come questo ci sia una discussione, ci sta. Io non sono preoccupato non soltanto perché sono lì a presidiare, ma anche perché ormai sono 17 tra Regioni già autonome e Regioni che chiedono l’autonomia. Per questo credo che l’autonomia sia un processo irreversibile: soltanto chi non capisce il momento storico può mettersi di traverso».

Le difficoltà sollevate dai 5 Stelle l’hanno irritata…
«Mi irrita di più che siano quelli che per anni ci hanno detto “giù le mani dalla Costituzione” ora ci vengano a dire che è uno scandalo fare quello che la Carta prevede».

L’altro suo grande tema sono le Olimpiadi del 2026 Milano-Cortina. Dopo la uscita di scena di Torino, anche qui i 5 Stelle rischiano di avere obiezioni a un sostegno materiale del governo.
«Credo che le parole del capo dello Stato abbiano chiuso la questione. Mattarella ha detto: “Sulle Olimpiadi, io ci sono”. Chi è l’italiano che può dire no? Soltanto qualche combattente nella foresta che non si è reso conto che la guerra è finita. Qui ci sono due comunità che rappresentano quasi un terzo degli italiani, un Patrimonio dell’Umanità come le Dolomiti... Non è una partita per capricciosi ma un’opportunità per l’Italia intera, abbiamo visto le ricadute di Expo...».

L’idea è che se lo Stato contribuisce alle ATP finali di tennis a Torino non può non contribuire alle Olimpiadi 2026?
«Ma no, gliel’ho detto: non è uno scambio di prigionieri, ma semplice buon senso. Tra l’altro, i 78 milioni stanziati dal governo sono per pagare le fee alla comunità tennistica e gli stipendi dei grandi tennisti. E poi, credo sia brutto il lasciar pensare che le Olimpiadi fossero da sostenere solo quando era in corsa Torino, governata dai 5 Stelle».

Insomma, anche qui, è fiducioso su un congruo stanziamento governativo?
«Ma sì. Io invito gli ultimi irriducibili a evitare di far diventare un totem questa partita: è assolutamente nella logica delle cose il sostegno nazionale a un’Olimpiade. Non facciamo la fine dei capponi di Renzo. Invece di perdere tempo, attiviamo le nostre reti diplomatiche: ci servono voti per sostenere il nostro dossier, mentre noi dibattiamo, Stoccolma lavora».

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