31 marzo 2019 - 22:46

Papa Francesco e i migranti: «Troppa crudeltà nei loro confronti, chi costruisce muri finirà prigioniero»

Il pontefice: «Non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà, vedere affogare le persone nel Mediterraneo. La paura è la predica usuale dei populismi e l’inizio delle dittature»

di Gian Guido Vecchi

Papa Francesco e i migranti: «Troppa crudeltà nei loro confronti, chi costruisce muri finirà prigioniero»
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Dal nostro inviato
VOLO PAPALE — Il volo da Rabat è già sul Mediterraneo quando il Papa raggiunge i giornalisti che lo hanno seguito nel viaggio in Marocco. Gli chiedono di Salvini a Verona e lui dice:«Io di politica italiana non capisco. Non so cosa sia, davvero. Ho letto la lettera del cardinale Parolin (nella quale ha spiegato agli organizzatori perché non sarebbe andato ndr) e sono d’accordo, una lettera pastorale, di buona educazione. Ma di politica italiana non domandarmi, perché non capisco».

Per il resto, si sofferma in particolare sulla crisi delle migrazioni. Dice che «coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito». Che «la paura è la predica usuale dei populismi e l’inizio delle dittature». Sospira:«Non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà, vedere affogare persone nel Mediterraneo, non entra, mettiamo un ponte ai porti».

Ci sono stati momenti molto forti, questa visita è stata un avvenimento eccezionale, storico per il popolo marocchino. Quali le conseguenze di questa visita per il futuro, per la pace nel mondo, per la coesistenza nel dialogo tra culture?
«Io dirò che adesso ci sono i fiori, i frutti verranno dopo. Ma i fiori sono promettenti. Sono contento, perché in questi due viaggi ho potuto parlare di questo che mi tocca tanto nel cuore, tanto: la pace, l’unità, la fraternità. Con i fratelli musulmani e musulmane abbiamo sigillato questa fraternità nel documento di Abu Dhabi e qui in Marocco tutti abbiamo visto una libertà, una fraternità, un’accoglienza di tutti i fratelli con un rispetto tanto grande. Questo è un bel fiore di coesistenza promette di dare frutti. Non dobbiamo mollare! È vero che ci saranno ancora difficoltà, tante difficoltà perché purtroppo ci sono gruppi intransigenti. Ma questo vorrei dirlo chiaramente: in ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti e vive dei ricordi amari, delle lotte del passato, cerca di più la guerra e anche semina la paura. Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, andare per mano sempre avanti. Abbiamo visto, anche nel dialogo con voi qui in Marocco, che ci vogliono dei ponti e sentiamo dolore quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché abbiamo dolore? Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito. Invece quelli che costruiscono ponti, andranno tanto avanti. Costruire ponti per me è una cosa che va quasi oltre l’umano, ci vuole uno sforzo molto grande. Mi ha sempre toccato tanto una frase del romanzo di Ivo Andrich, «Il ponte sul Drina»: lui dice che il ponte è fatto da Dio con le ali degli angeli perché gli uomini comunichino… perché gli uomini possano comunicare. Il ponte è per la comunicazione umana. E questo è bellissimo e l’ho visto qui in Marocco. Invece i muri sono contro la comunicazione, sono per l’isolamento e quelli che li costruiscono diventeranno prigionieri. I frutti non si vedono ma si vedono tanti fiori che daranno dei frutti».

Avete firmato un patto per Gerusalemme, cosa pensa?
«Sempre quando c’è un dialogo fraterno c’è un rapporto a vari livelli. Permettetemi un’immagine: il dialogo non può essere di laboratorio, deve esser umano, e se è umano è con la mente, il cuore e le mani e così si firmano dei patti. Per esempio il comune appello su Gerusalemme è stato un passo avanti fatto non da un’autorità del Marrocco e da un’autorità del Vaticano, ma da fratelli credenti che soffrono vedendo questa città della speranza ancora non essere così universale come tutti vogliamo: ebrei, musulmani e cristiani. Tutti vogliamo questo. E per questo abbiamo firmato questo desiderio: è un desiderio, una chiamata alla fraternità religiosa che è simbolizzata in questa città che è tutta nostra. Tutti siamo cittadini di Gerusalemme, tutti credenti».


Ieri il re del Marocco ha detto che proteggerà gli ebrei marocchini e i cristiani di altri Paesi che vivono in Marocco. Cosa pensa dei musulmani che si convertono al cristianesimo? È preoccupato di questi uomini e donne che rischiano la prigione o la morte in alcuni Paesi musulmani?
«Io posso dire che in Marocco c’è libertà di culto, c’è libertà religiosa, c’è libertà di appartenenza religiosa. La libertà sempre si sviluppa, cresce. Pensa a noi cristiani trecento anni fa, se c’era questa libertà che abbiamo oggi. La fede cresce nella consapevolezza, nella capacità di capire se stessa. Oggi noi abbiamo tolto dal Catechismo della Chiesa cattolica la pena di morte, trecento anni fa bruciavano vivi gli eretici perché la Chiesa si è accresciuta nella coscienza morale, il rispetto della persona… Anche noi dobbiamo continuare a crescere. Ci sono cattolici che non accettano quello che il Vaticano II ha detto sulla libertà di culto, la libertà di coscienza. Anche noi abbiamo questo problema. E anche i fratelli musulmani crescono nella coscienza, anche se alcuni paesi non capiscono bene o non crescono così come altri. In Marocco c’è questa crescita. Quanto al problema della conversione , in alcuni paesi la pratica è vietata; altri come il Marocco non fanno problema, sono più aperti e rispettosi e cercano un certo modo di procedere con discrezione; altri paesi con i quali ho parlato dicono: noi non abbiamo problema, ma preferiamo che il battesimo lo facciano fuori dal paese e tornino cristiani. Ma sono modi di progredire nella libertà di coscienza e la libertà di culto. A me preoccupa un’altra cosa: la retrocessione di noi cristiani quando togliamo la libertà di coscienza. Pensa ai medici e alle istituzioni ospedaliere cristiane che non hanno il diritto della obiezione di coscienza per esempio per l’eutanasia. Come? La Chiesa è andata avanti e voi Paesi cristiani andate indietro? Pensate questo perché è una verità. Oggi noi cristiani abbiamo il pericolo che alcuni governi ci tolgano la libertà di coscienza, che è il primo passo per la libertà di culto. Non è facile la risposta, ma non accusiamo i musulmani, accusiamo anche noi in questi Paesi dove succede questo. C’è da vergognarsi».

I consigli della diocesi di Lione hanno vitato quasi all’unanimità che il cardinale Barbarin si dimetta.
«Lui, uomo di Chiesa, ha dato le dimissioni, ma io non posso moralmente accettarle perché giuridicamente, anche nella giurisprudenza classica, c’è la presunzione di innocenza durante il tempo che la causa è aperta. Lui ha fatto ricorso e la causa è aperta. Poi quando il secondo tribunale dà la sentenza vediamo cosa succede. Ma sempre bisogna avere la presunzione di innocenza. Questo è importante perché va contro la superficiale condanna mediatica. Cosa dice la giurisprudenza mondiale? Che se una causa è aperta c’è la presunzione di innocenza. Forse non è innocente, ma c’è la presunzione. Una volta ho parlato in un caso in Spagna, di come la condanna mediatica ha rovinato la vita di sacerdoti che poi sono stati riconosciuti innocenti. Prima di fare la condanna mediatica, pensarci due volte. E Barbarin ha preferito, onestamente, dire: io mi ritiro, prendo un congedo volontario e lascio al vicario generale gestire l’arcidiocesi finché il tribunale dia la sentenza finale».

Ieri ha detto che il fenomeno migratorio non si risolve con le barriere fisiche, ma in Marocco la Spagna ha costruito due barriere con lame per ferire chi le vuole superare. Trump in questi giorni ha detto che vuole chiudere completamente le frontiere. Cosa vuol dire a questi governanti, a questi politici che difendono ancora queste decisioni?
«Come ho detto, i costruttori di muri diventeranno prigionieri dei muri che fanno, siano di lame tagliate con coltelli o di mattoni. Ho visto un pezzo di quella barriera, il filo spinato con i coltelli. Sono rimasto commosso e poi ho pianto. Ho pianto perché non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà. Non entra nella mia testa e nel mio cuore vedere affogare persone nel Mediterraneo, non entra, mettiamo un ponte ai porti. Questo non e’ il modo di risolvere il grave problema dell’immigrazione. Io capisco: un governo ha la patata bollente nelle mani, ma deve risolverlo altrimenti. Umanamente. quando ho visto quel filo spinato coi coltelli, sembrava di non poterci credere. Una volta ho avuto la possibilità di vedere un filmato nel carcere dei rifugiati che tornano, che sono mandati indietro (in Libia, ndr.). Carceri non ufficiali, carceri di trafficanti. Fanno soffrire. Le donne e i bambini li vendono, rimangono gli uomini e li torturano. Si vedono filmati da non credere. Ecco, io non lascio entrare. È vero, perché non ho posto, ma ci sono altri Paesi, c’è l’umanità dell’Unione Europea. Deve parlare l’Unione Europea intera. E invece succede che non lascio entrare, o li lascio affogare lì o li mando via sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani di questi trafficanti che venderanno le donne e i bambini, uccideranno o tortureranno per fare schiavi gli uomini. Una volta ho parlato con un governante, un uomo che io rispetto, Alexis Tsipras, e parlando di questo e degli accordi di non lasciare entrare, lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto: “I diritti umani vengono prima degli accordi”. Questa frase merita il premio Nobel».

Lei combatte da molti anni per proteggere e aiutare i migranti, come ha fatto negli ultimi giorni in Marocco. La politica europa va esattamente nella direzione opposta. L’Europa diventa come un bastone contro i migranti. Questa politica rispecchia l’opinione degli elettori. La maggioranza di questi elettori sono cristiani cattolici. Lei come si sente?
«Vedo che tanta gente di buona volontà, non solo cattolici, ma gente buona, è un po’ presa dalla paura che è la predica usuale dei populismi. La paura. Si semina paura e poi si prendono delle decisioni. La paura è l’inizio delle dittature. Andiamo al secolo scorso, alla caduta della Repubblica di Weimer. Con promesse e paure è andato avanti Hitler e conosciamo il risultato. Impariamo dalla storia, questo non è nuovo: seminare paura è fare una raccolta di crudeltà, di chiusure e anche di sterilità. Pensate all’inverno demografico dell’Europa. Anche noi che abitiamo in Italia: sotto zero. Pensate alla mancanza di memoria storica: l’Europa è stata fatta da migrazioni e questa è la sua ricchezza. Pesiamo alla generosità di tanti paesi che oggi bussano alla porta dell’Europa. Ai migranti europei nei due dopoguerra, in massa, America del Bord, America centrale, America del Sud. Mio papà è andato lì nel dopoguerra. Un po’ di gratitudine … È vero, per essere comprensivi, che il primo lavoro che dobbiamo fare è cercare che le persone che migrano per la guerra o per la fame non abbiano questa necessità. Se l’Europa, così generosa, vende le armi allo Yemen per ammazzare dei bambini, come fa l’Europa a essere coerente? Questo è un esempio, ma l’Europa vende delle armi. Poi c’è il problema della fame, della sete. L’Europa, se vuole essere la madre Europa e non la nonna Europa deve investire, deve cercare intelligentemente di aiutare ad alzare con l’educazione, con gli investimenti. E questo è mio, lo ha detto la cancelliera Merkel. È una cosa che lei porta avanti abbastanza: impedire l’emigrazione non con la forza ma con la generosità, gli investimenti educativi, economici eccetara, e questo è molto importante. È vero che un Paese non può ricevere tutti, ma c’è tutta l’Europa per distribuire i migranti, c’è tutta l’Europa. Perché l’accoglienza deve essere con il cuore aperto, poi accompagnare, promuovere e integrare. Se un Paese non può integrare deve pensare subito di parlare con altri paesi: tu quanto puoi integrare, per dare una vita degna alla gente».

Lei denuncia spesso l’azione del diavolo, lo ha fatto anche nel recente summit. Ultimamente si è dato molto da fare. Cosa fare per contrastarlo, soprattutto in merito agli scandali della pedofilia?
«Un giornale, dopo il mio discorso alla fine del summit dei presidenti, ha detto: il Papa è stato furbo, prima ha detto che la pedofilia è problema mondiale, poi ha detto qualcosa sulla Chiesa, alla fine se ne è lavato le mani e ha dato la colpa al diavolo. Un po’ semplicistico, no? Un filosofo francese, negli anni Settanta, aveva fatto una distinzione che a me ha dato una luce ermeneutica. Diceva: per capire una situazione bisogna dare tutte le spiegazioni e poi cercare le significazioni. Cosa significa socialmente? Cosa significa personalmente o religiosamente? Io cerco di darle tutte e anche le misure delle spiegazioni. Ma c’è un punto che non si capisce senza il mistero del male. Pensate alla pedopernografia virtuale. Ci sono stati due incontri, pesanti, a Roma e Abu Dhabi. Mi domando: come mai è diventata una cosa nel quotidiano? Io mi domando, i responsabili non possono fare nulla? Noi nella Chiesa faremo di tutto per finirla con questa piaga, faremo di tutto. Io in quel discorso ho dato misure concrete. Già erano, prima del summit, quando i presidenti delle conferenze mi hanno dato quell’elenco che ho dato a tutti. E i responsabili di queste sporcizie, sono innocenti? Quelli che guadagnano con questo? Il pericolo della Chiesa oggi di diventare donatista facendo prescrizioni umane, dimenticando le altre dimensioni. La preghiera, la penitenza che non siamo abituati a fare. Non è ‘lavarsi le mani’, dire ‘il diavolo lo fa’, no. Anche noi dobbiamo lottare col diavolo, con le cose umane. La Chiesa non è congregazionalista, è cattolica. Vi sarei grato se studiaste ambedue le cose: la parte umana e la parte spirituale».

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