4 gennaio 2019 - 09:35

Epifania è una rivelazione
e la Befana non è una strega

L’origine greca rimanda all’apparizione delle divinità, anche gli antichi romani festeggiavano, il Cristianesimo la fissa al 6 gennaio. Tutti i misteri sui Re Magi

di Paolo Fallai

Epifania è una rivelazione e la Befana non è una strega
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È davvero interessante la storia di questa parola, epifania, che sbrigativamente usiamo solo per indicare la festa del 6 gennaio: deriva dal greco antico, dal verbo epifàino (composto da epi «dall’alto» e phanein «apparire» che significa «mi rendo manifesto»), dal sostantivo femminile epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina).

La rivincita del singolare

E qui comincia uno degli aspetti più intriganti: in greco questa parola indicava le feste dedicate a diverse divinità che si riteneva si manifestassero in quelle occasioni nel cuore dei templi, parliamo quindi di una pluralità di apparizioni. È anche comprensibile, considerando il numero di divinità in cui i greci credevano e che potevano manifestarsi. L’avvento del Cristianesimo ha ridotto queste divinità a una sola: se ci si poteva riferire solo all’apparizione di Gesù Cristo, era del tutto inutile riferirsi a molte epifanie, ne bastava una che si riferiva ad una specifica apparizione. Ha quindi conquistato la maiuscola e un eterno singolare.

Da quando festeggiamo il 6 gennaio

La datazione è strettamente legata al Cristianesimo. Giorno che chiude tradizionalmente le festività natalizie (...tutte le feste si porta via), per le chiese ortodosse che ancora seguono il calendario giuliano è la vigilia di Natale, mentre la loro Epifania cade il 19 gennaio. Sembra accertato che dal terzo secolo le comunità cristiane cominciarono ad associare a questo giorno tre episodi considerati rivelatori di Gesù Cristo come Messia: l’adorazione dei Magi; il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, quando lui era già adulto; il suo primo miracolo avvenuto a Cana (durante le famose nozze).

A proposito di Magi

Nel nuovo testamento sono citati solo dal Vangelo di Matteo che li descrive come astronomi e saggi che, seguendo «l’astro», giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù, il «re dei Giudei». Per la verità, prima di raggiungere Betlemme si fermarono da Erode, all’epoca re della Giudea romana, per chiedere notizie sulla nascita del nuovo «re dei Giudei». Erode non sapeva niente e si allarmò chiedendo ai Magi di essere avvertito. Cosa che loro si guardarono bene dal fare, lasciando la Palestina in segreto. Anche Giuseppe riuscì a fuggire con la famiglia in Egitto, salvando così Gesù dalla «strage degli innocenti» ordinata da Erode per eliminare quello che riteneva un re concorrente.

Ma quanti erano?

Anche su questo aspetto le fonti sono molto limitate: Matteo non dice mai il loro numero, la tradizione ne individua tre perché tre erano i doni portati a Gesù bambino: oro, incenso e mirra. I vangeli apocrifi forniscono numeri diversi, indicandone fino a dodici. Anche il fatto che fossero dei Re non compare in alcuna delle fonti canoniche. Il passo del Vangelo di Matteo ci lascia credere che potessero essere sacerdoti di Zoroastro (o Zarathustra, profeta e mistico della regione iraniana), comunque di origine persiana ed esperti di astronomia.

Che c’entra la Befana?

Moltissimo. Visto che Befana non è altro che la corruzione popolare della parola Epifania attraverso bifanìa e befania. C’è ancora un piccolo comune toscano, Montignoso, dove ha resistito la versione «pefana». Immagine e ruolo invece rimandano a riti propiziatori molto antichi e pagani: una vecchina che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la notte dell’Epifania) e riempire le calze lasciate appese sul camino o vicino a una finestra; i bambini che si sono comportati bene riceveranno dolci, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite col carbone. Inserendosi così nella tradizione dei «portatori di doni» aperta da Santa Lucia e San Nicola (cioè Santa Claus, cioè Babbo Natale) Antenati romani Nella religione degli antichi Romani la dea Strenia era legata al culto della salute: il primo giorno dell’anno i Romani si scambiavano doni per onorare la dea e per gli auguri di buon anno. È infatti proprio dal nome della dea che deriva il termine strenna! Un’altra tradizione era legata alla dea Abundia: 12 giorni dopo il 25 dicembre (festa Romana del Sol Invictus) si festeggiava una dea minore: Satia, dea della sazietà, o Abundia, dea dell’abbondanza, portatrice di fortuna e prosperità per il nuovo anno. Fatevi i conti, è proprio il 6 gennaio .

La vecchia è un omaggio

L’immagine della donna anziana celebra il periodo tra la fine dell’anno solare, cioè il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura. Una vecchia con vestiti di stracci e gonne malmesse rappresenta appunto la natura ormai spoglia. Al suo arrivo si porta via un anno «consumato» e tutte le sue pene. In questo senso si può dire che la Befana venne riconosciuta dalla chiesa come figura sacrificale che si usava bruciare.

Ma non è una strega

Le apparenti similitudini sono spazzate via da un catalogo di precisazioni: vola su una scopa come loro, ma lei la cavalca al contrario, con la ramazza davanti. Ha il capo coperto ma certo non da un cappello a punta, piuttosto da un fazzoletto annodato sotto al mento. La calza con cui porta i doni non è altro che un vecchio sacco di iuta che allungato può sembrare un calzettone. Insomma le streghe non c’entrano ma il finale col falò per secoli è stato lo stesso.

Il concetto dell’Epifania in letteratura

James Joyce cominciò ad utilizzare nelle sue opere in prosa il concetto di Epifania. Il lavoro in cui l’ha introdotto è «Gente di Dublino», una raccolta di quindici novelle pubblicata nel 1906 sul settimanale «The Irish Homestead». In ciascuna novella lo scrittore descrive l’universo interiore di un abitante della città grazie al racconto di storie quotidiane. In questo contesto nasce l’Epifania, ovvero l’improvvisa rivelazione spirituale determinata da un gesto, un oggetto o una situazione banale, attraverso la quale il personaggio in questione riesce finalmente a capire il senso più profondo dell’esistenza. Tale folgorazione porta il protagonista ad andare oltre l’apparenza delle cose, intuendo per la prima volta il vero significato della vita. Altro che Befana.

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