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20 dicembre 2018

L’amicizia tra le righe

Dai legami virili in Omero alla complicità femminile raccontata da Elena Ferrante. Breve storia dei rapporti tra amici, in versi e in prosa, che hanno prodotto letteratura. Storie di fedeltà e tradimento, di vendetta e riscatto

L’amicizia tra le righe

L’AMICIZIA PIÙ ASSOLUTA della letteratura? Nessun dubbio, fu narrata da Omero: quella tra Patroclo e Achille, nata durante l’adolescenza e finita con la morte del primo, trafitto da Ettore, e con l’ira funesta del secondo che sulla pira funeraria di Patroclo sacrifica ben dodici giovani troiani. L’amicizia più colta è quella tra Dante e Guido Cavalcanti, che pur essendo più anziano e quasi un maestro, viene definito dal giovane Alighieri «il primo amico». In un famoso sonetto dantesco (Guido, i’ vorrei che tu e Lapo e io) si aggiungono un terzo compagno di «bagordi» stilnovistici, Lapo Gianni appunto, e le tre donne predilette con cui imbarcarsi su un vascello per parlare d’amore in una specie di pudicissima orgia sentimental-filosofica. Poi, per una ragione a noi ignota, con Cavalcanti le cose si sarebbero messe maluccio, al punto che Guido verrà clamorosamente escluso dalla Commedia, dove sarà citato di passaggio solo un paio di volte. D’altra parte, gli amici a volte tradiscono. Scrisse Shakespeare: «E chi muore senza portarsi nella tomba almeno una pedata ricevuta in dono da un qualche amico?». Per la verità, alcune amicizie raccontate dal Bardo sono a prova di bomba. Sua è la relazione amicale più disperata e beffarda, quella tra Romeo e Mercuzio, che arriva a lanciare il guanto di sfida al cugino di Giulietta, Tebaldo Capuleti, colpevole di aver insultato il giovane Montecchi. Per questa fedeltà (eccessiva) e per la goffa intrusione di Romeo, Mercuzio verrà ferito mortalmente pronunciando una estrema maledizione: «Una pestilenza su entrambe le vostre famiglie». Ovvio che Romeo, fuori di sé, come Achille vendicherà l’amico.

LE AMICIZIE PIÙ FALSE? Quelle di cui è vittima Pinocchio: prima con il Gatto e la Volpe, che gli tirano lo scherzo del Campo dei Miracoli, e poi con il «prediletto e carissimo» Lucignolo, «il ragazzo più svogliato e più birichino di tutta la scuola» a cui il burattino voleva un gran bene, pagandone amaramente le conseguenze. Riconoscente per essere stato liberato dei libri e della scuola, si sentirà rispondere: «Non vi sono che i veri amici che sappiano rendere di questi grandi favori». «Anima grande!», urlerà Pinocchio «abbracciando affettuosamente l’amico e dandogli un bacio in mezzo agli occhi». Gigantesco Collodi: sembra di vedere, anche se in versione decisamente più simpatica, Di Maio alle prese con Salvini! C’è da augurarsi che abbia torto Carlo Dossi quando scrive, nelle Note azzurre: «Il falso amico è come l’ombra che ci segue fin che dura il sole». Le amicizie femminili non sono sempre più limpide, come ben sanno Lenù e Lila, protagoniste inquiete di Elena Ferrante. Tra le più perfide della letteratura quella che nasce dall’incontro sciagurato di Lucia con la Monaca di Monza, complice del suo rapimento. Il paragone che usa Manzoni è efficace: Gertrude «le faceva più carezze dell’ordinario, e Lucia le riceveva e le contraccambiava con tenerezza crescente: come la pecora, tremolando senza timore sotto la mano del pastore che la palpa e la strascina mollemente, si volta a leccar quella mano; e non sa che, fuori dalla stalla, l’aspetta il macellaio, a cui il pastore l’ha venduta un momento prima».

FATTO STA che tutto il possibile repertorio amicale, dal meglio al peggio, è stato sondato dagli scrittori. L’amicizia più complice e avventurosa? Quella, inventata da Mark Twain, tra il vivacissimo (e astuto) Tom Sawyer e il vagabondo (e orfano) Huck Finn, il figlio dell’ubriacone del paese con il quale riuscirà l’impresa di trovare il tesoro nascosto dal terzo amico, lo sfortunato Joe. Una combriccola di simpatici sbandati come quella che unisce (fino alla morte) i ragazzini ungheresi di via Pál, fondatori della Società dello Stucco in lotta perenne ed estenuante con le Camicie rosse dei coetanei avversari. Quanto a devozione sofferente (e per una volta non sanguinosa) nessuna amicizia supera quella, adolescente, che François Seurel nutre per i sogni e le fantasie dell’amico Augustin nel capolavoro di Alain-Fournier Il grande Meaulnes, romanzo noto anche (e non a caso) con il titolo più esplicito Il grande amico. Con amara delusione finale.

«CHI TROVA un amico trova un tesoro» è una frase biblica che non è facile smentire nei rari casi in cui l’amico è tale davvero. Lo sapeva bene lo scrittore e avvocato tedesco Fred Uhlman che in un breve romanzo, L’amico ritrovato, raccontò il legame, in apparenza fragile ma sorprendentemente indissolubile, nato in una scuola tedesca tra due ragazzi (galeotta una collezione di monete): sono l’ebreo Hans e il nobile Konradin, il cui rapporto di solidarietà spazia dalla spensieratezza ludica ai grandi temi universali e metafisici. Finché il nazismo arriverà a separare i loro destini: l’uno sedotto dal progetto hitleriano, l’altro in fuga verso l’America, amareggiato dalle scelte del compagno. Salvo scoprire, tanti anni dopo, che Konradin era stato giustiziato perché coinvolto nel tentativo di uccidere il Führer. Amicizia ritrovata.

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