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20 settembre 2018

Le quasi poesie di Farinetti, il più amato dagli “Eataliani”

Farinetti ha pubblicato un libro di poesie per celebrare la meraviglia dell’imperfezione umana. Malvaldi firma un saggio portatile in cui smonta e rimonta i fondamentali linguistici della comicità

Questa è una quasi recensione a un libro di quasi poesie di un quasi poeta: Oscar Farinetti. Il libro, pubblicato da La nave di Teseo, si chiama Quasi e vuole celebrare la meraviglia dell’imperfezione umana. Ci riesce fin troppo! Quello che non torna però è che il padre di Eataly si definisce, oltre che quasi poeta, anche quasi imprenditore, benché sia un noto imprenditore. Quindi? Siete liberissimi di non credere alla sua quasi modestia, né al tono quasi serio di questa quasi rubrica. Restiamo ai fatti. Farinetti, che da tempo leggeva le sue poesie in giro con l’iPhone e tranquillizzava tutti assicurando che non le avrebbe mai pubblicate, racconta che la scintilla è nata con Tonino Guerra, quando stavano lavorando allo spot per Unieuro, noto per la frase gettata in pasto alla tv dal poeta nonché sceneggiatore: «L’ottimismo è il profumo della vita». In Egoismo, una delle 70 poesie, Farinetti raccoglie altre suggestione olfattive: «L’egoismo è come / l’odor della merda. // Dentro il tuo / ci stai pure bene // In quello altrui / ci stai... // di merda». Ecco. Se la rileggete con l’accento romagnolo di Tonino Guerra, la quasi poesia diventa una gag vera, come accade a certi afflati lirici che finiscono con il produrre effetti di umorismo involontario. Insomma, Quasi è una buona notizia per gli orfani di Sandro Bondi poeta. Il dilettantismo è il profumo della vita.

Per sviluppare maggior consapevolezza su ironia e umorismo, c’è un curioso libretto di Marco Malvaldi: Per ridere aggiungere acqua (Rizzoli). Saggio portatile con riflessioni, tra gli altri, di Bergson, Freud, Pirandello, Eco. Malvaldi smonta e rimonta i fondamentali linguistici della comicità, ovvero il mettere in relazione tra loro immagini e concetti diversi (lo fa pure la poesia, che però «di solito non fa

ridere, o almeno non in modo involontario»). L’umorismo spesso somma pere e mele, come nella battuta di Mario Zucca: «Un giorno ho portato alla maestra una mela, e lei mi ha dato un bacio. Il giorno dopo le ho portato un’anguria, e non ha capito». L’analisi del rapporto tra le macchine e l’umorismo va dalle risate finte create da Charles Douglass (Anni 60), alla difficoltà dei computer di riconoscere l’ironia: un algoritmo può scambiare per apologia di nazismo battute come questa del sito Spinoza: «I tifosi del Verona inneggiano a Hitler: e fatelo giocare, no?». I social stimolano, a volte annacquano, l’umorismo. Siamo tutti battutisti. Ecco Pippo Civati che commenta la notizia di Farinetti, ex renziano di ferro, fan del governo Conte-Di Maio-Salvini: «Prima gli eataliani».

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