Storia di copertina
7 febbraio 2019

L’Europa secondo Salvini

Il ministro dell’Interno si comporta come se fosse alla Farnesina. Il vero avversario europeo rimane il presidente francese Macron; l’obiettivo, creare l’alleanza sovranista, la Lega delle Leghe; il sogno, scalzare i socialisti dal governo dell’Ue affiancando i popolari. Ma se ognuno dice “noi prima degli altri”, come si fa a realizzare qualcosa insieme?

L’Europa secondo Salvini

L’ARMAMENTARIO è ampio, i fronti aperti numerosi. Meno di un anno, pur da ministro dell’Interno, ha permesso a Matteo Salvini di far polemica con mezzo mondo. Su Twitter e via Facebook, con interviste e conferenze stampa. Con la Francia del presidente Macron, con l’Austria («Chiudono i confini? Per noi è un affare»), con la Germania (da ultimo, per la missione Sophia: «Se qualcuno si fa da parte, non è un problema»), pochi giorni fa con l’Olanda per la questione dei migranti a bordo della Sea-Watch, con bandiera dei Paesi Bassi. Con il Venezuela dell’autocrate Nicolas Maduro, naturalmente con la Commissione europea e il suo capo Jean-Claude Junker.

QUESTA per dire degli obiettivi principali dei suoi attacchi. Matteo Salvini si muove spesso come se avesse la scrivania alla Farnesina invece che al Viminale. I rapporti internazionali sono anche il terreno dove il leader leghista saggia il suo peso specifico, spariglia, coltiva alleanze: da Putin (gli dà grandi soddisfazioni da anni) a Trump (gliene dà meno) e Israele («Hezbollah sono terroristi», ha detto in visita a Gerusalemme a dicembre). Ma qual è la sua strategia? Quale la rete di rapporti nella quale si muove? E che visione ha per il futuro, suo e dell’Italia nello scenario geopolitico europeo? (Allargare lo sguardo al mondo richiederebbe troppo spazio).

DA QUALUNQUE parte si guardi, c’è un punto di partenza certo: la Francia. È stata Marine Le Pen a dargli una prima investitura internazionale: lei era la potente leader del Front National e la campionessa delle destre europee, arrivando a incalzare in patria l’allora candidato presidente Emmanuel Macron. Foto, baci, abbracci e un gruppo comune al Parlamento europeo. Da un po’, Salvini ha ribaltato la situazione. Ora che la stella di Marine declina, è lei a inseguirlo, a mettere loro gigantografie nella sede parigina del partito (rinominato Rassemblement National), sperando che l’amico italiano possa essere la leva della sua rinascita politica. Matteo, magnanimo, l’abbraccia: sa anche che – pure attraverso la Le Pen – continuerà a tenere sotto pressione il presidente francese. Quello con Macron sembra essere un duello destinato a durare. Contro di lui Salvini ha lanciato i suoi primi attacchi istituzionali all’estero. Il presidente francese gli rispose, riconoscendolo come avversario. A proposito delle ultime critiche del leader leghista, il presidente francese ora dice: «Non risponderò. L’unica cosa che si aspettano (Salvini e Di Maio, ndr) è questa, ma non ha alcun interesse». Troppo tardi. Anche il settimanale inglese The Spectator l’ha scritto in modo chiaro: la vera rivalità, in Europa, è tra Macron e Salvini. «È una battaglia per l’anima dell’Europa». Altro che Luigi Di Maio amico dei gilet gialli…

È INEVITABILE che la Francia porti con sé la Germania. Quello fra Parigi e Berlino è stato storicamente l’asse portante dell’Europa unita, un legame rinfrescato a gennaio con il Trattato di Aquisgrana: Macron e Angela Merkel hanno rilanciato lo storico contratto firmato 55 anni fa da Charles de Gaulle e Konrad Adenauer, rafforzando la cooperazione nel settore della difesa. Con la cancelliera tedesca, in questa lunga stagione del tramonto, Salvini qualche scontro l’ha avuto. Ma non ha mai lasciato intendere di puntare a fare il terzo incomodo fra i due: in Germania ha rapporti soprattutto col partito di estrema destra Alternative für Deutschland, in ascesa ma pur sempre marginale.

PIUTTOSTO, il capo della Lega ha sempre indicato un’altra strada: quella della creazione di una santa alleanza sovranista contrapposta all’asse franco-tedesco. Una Lega delle Leghe, per dirlo con le sue stesse parole. Al vertice chi se non lui? È per questo che sta tessendo da tempo la tela, è con questo obiettivo che a un certo punto ha parlato di convocare i partiti identitari, affini alla Lega, a Milano nel mese di marzo. Al momento, però, è poco più di un’idea. Li conosce bene, questi leader sovranisti. Con alcuni condivide da cinque anni a Strasburgo il gruppo parlamentare Europa delle Libertà e delle Nazioni. Anche se i rapporti di forza sono cambiati nel tempo. C’è una ghiotta occasione da cogliere: a maggio ci sono le elezioni del parlamento Ue, quello in cui, nel 2004, Salvini ha mosso i passi nella politica internazionale da deputato leghista. Stavolta, però il gioco si sta facendo duro, come gli ha detto il governatore della Baviera, e capo dei cristianosociali tedeschi, Markus Soder, prendendo le distanze proprio da lui: «Queste elezioni non saranno un concorso di bellezza. C’è in gioco la sopravvivenza dell’Unione Europea».

LA RIVOLUZIONE, diceva Mao Zedong, non è un pranzo di gala. Il sogno di Salvini è di prendere un voto in più di Matteo Renzi, del suo storico 40,7 per cento nel voto di cinque anni fa? L’obiettivo primario, comunque, è di contare di più in Europa: gli ultimi sondaggi del sito Politico.eu danno il leghista al 31-32 per cento, cinque anni fa aveva preso il 6,2 (secondo l’istituto Carlo Cattaneo di Bologna, passerebbe al momento da 5 a 28 seggi). La tattica? Il contrario di pelare una cipolla: rafforzare il nucleo delle vecchie alleanze e arricchirlo di nuovi strati. Con in mente un’opportunità: scalzare i socialisti dal governo dell’Europa, affiancando i popolari. Assai improbabile, visto che al momento i calcoli più pessimistici danno le forze tradizionalmente europeiste almeno al 55 percento. Difficilissimo, sì. Non impossibile.

COSI’, PER QUANTO in calo (secondo le proiezioni di Politico, la leader francese scenderebbe da venti a cinque seggi), Marine Le Pen resta importante: al Parlamento europeo è una delle colonne del gruppo parlamentare EDN, quello in cui ci sono i leghisti. Con loro c’è Geert Wilders, il biondo olandese premio Fallaci

L’Europa secondo Salvini

2009 per il documentario anti-islam Fitna, condannato tre anni fa per incitamento alla discriminazione: il suo Partito per la Libertà dovrebbe confermare i quattro seggi. E poi? Ci sono i “crucchi simpatici” del disegno di copertina. Gli austriaci dell’Fpo potrebbero anche salire da quattro a cinque seggi: eppure c’è chi pensa che, ora che sono nella coalizione di governo a Vienna, potrebbero pensare di accreditarsi al centro. Altri segnali sono attesi dai post-franchisti spagnoli di Vox: la formazione di ultradestra guidata da Santiago Abascal in Andalusia è passata dallo 0,2 percento al 10: cosa farà al voto di maggio, e con chi si alleerà? E gli svedesi della destra di Jimmie Akesson, che nelle politiche di settembre ha volato verso il 18 per cento, cosa faranno?

PERCHE’ tutti questi conteggi? A causa della Brexit. È altamente improbabile che la Gran Bretagna voti per rinnovare i suoi deputati al parlamento di Strasburgo, sia che finisca in Hard Brexit, sia che si riesca a farla Soft. Questo apre un vuoto e un’opportunità: in particolare, i 19 deputati Tories, andando via, svuoteranno di fatto il gruppo dei Conservatori e riformisti europei. E dove andranno a questo punto i deputati polacchi del Pis (che oggi sono già 19 ed è dato a 25)?

È PER ALLARGARE il fronte sovranista che all’inizio dell’anno Salvini è andato a Varsavia per incontrare il presidente Jaroslaw Kaczynski. Sarebbe una bella mossa se riuscisse a portarlo con sé. Ma è una mossa tutt’altro che facile, mi spiega Antonio Villafranca, ricercatore all’Istituto di politica internazionale (Ispi) di Milano, dove co-dirige l’area che si occupa d’Europa: «Il nazionalismo dei polacchi è ovviamente incompatibile con le simpatie putiniane del gruppo. Questo è il problema di Salvini: sono diversi a dire “se ci sono quelli, non entriamo noi”». Ancora diverso è il ragionamento degli ungheresi di Viktor Orbán. Con il premier di Budapest c’è stata una vera e propria dichiarazione d’amore. Quando si sono incontrati a Milano, l’estate scorsa, Orbán ha detto al leader leghista, a proposito della dura politica di stop agli sbarchi: «Avanti così, sei il mio eroe». Dopodiché il partito Fidesz del primo ministro magiaro è nel gruppo del Partito Popolare, che è di maggioranza in Europa: difficile pensi a lasciarlo.

E, COMUNQUE, che succederebbe dopo le elezioni europee? Resta tutto da vedere. Essere sovranisti è un po’ come essere incinta: non puoi esserlo a metà. Come fanno a convivere all’interno di un’istituzione sovranazionale come l’Unione Europea, in grado di fare leggi – i regolamenti – che entrano automaticamente in vigore nei singoli Stati membri? E del resto se ognuno dice della propria patria “noi prima degli altri”, come si fa a realizzare qualcosa insieme? Certo, molto della visione geopolitica che ne uscirà dipenderà dal risultato. La tattica, insomma, vincerà sulla strategia. Alcuni caposaldi, però, sono fissati. Uno su tutti: la partita in Europa si giocherà sui migranti che in queste settimane stanno cercando di imbarcarsi verso le coste italiane. Hic sunt migrantes, c’è scritto in copertina. Erano leones, per gli antichi romani. Fanno ancora paura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
SEGUI 7 SU FACEBOOK

Leggi altri in ESTERI