Ispirazioni
13 marzo 2019

Gli “alberi delle bambine” in India: un bosco e un modello politico

Shyman Sunder Paliwal è riuscito a ribaltare il modo di considerare le figlie in India: un modello di eco-femminismo e di politica in Rajasthan. Gli studiosi vengono ad analizzare il caso dal Canada e dalla Germania

Shyam Sunder Paliwal pianta un albero per la nascita di una bambina

QUANTE VOLTE CI SIAMO DETTI, davanti a una bella iniziativa: «Chissà se durerà!». Quante volte ci siamo domandati: «Che fine avrà fatto quella storia di cui abbiamo sentito un po’ di anni fa?». Il destino di Piplantri a buon diritto entra nel novero di quelle che non sono finite. Continuano a crescere, seminano vita e trasformano le coscienze e la cultura di una comunità.
Piplantri è un nome che starebbe bene in una favola. Nella realtà è quello di un paese con novemila abitanti nel Rajasthan, Nord-Ovest dell’India: un tempo villaggio rurale, è diventato oggetto delle brame dell’industria del marmo per la scoperta di diverse miniere nella zona. Il verde era scomparso sostituito da polvere e camion, il silenzio sempre più interrotto dall’esplosione della dinamite nelle cave.

UNA DECINA D’ANNI fa qualcuno di voi potrebbe aver letto di questa sperduta località per una singolare storia che stava avvenendo. Nel 2006, l’allora capovillaggio (sarpanch) eletto dai compaesani, Shyam Sunder Paliwal, aveva tentato di elaborare il lutto per la perdita dell’amata figlia Kiran, morta in un incidente a 16 anni, piantando alberi in sua memoria. Poi aveva sfruttato la propria influenza convincendo i compaesani a interrare 111 alberi ogni volta che nasceva una bambina.
Un’iniziativa niente affatto scontata. Oltre che di scarsità d’acqua - la siccità del 2005 era stata così drammatica che il governo aveva dovuto mandare treni-cisterna per la popolazione - e deforestazione, Piplantri soffriva anche di altri problemi diffusi in tutta l’India. In particolare, i matrimoni delle bambine, gli aborti selettivi delle bambine, la mancanza d’istruzione sempre per le bambine. Avere una bambina, insomma, era considerato una tale sciagura, prima di tutto economica, che accadeva spesso che alle neonate fosse infilato in gola un seme per provocare infezione e morte sicura.

PALIWAL È RIUSCITO a ribaltare questo modo di considerare le figlie. I genitori delle 60-70 bimbe che sono nate qui nel 2018 hanno piantato ancora 111 alberi. Dal 2006 sono state interrate 350mila piante fra manghi, palissandri sheesham, neem (l’olio estratto viene usato nella medicina ayurvedica). Per ogni figlia, poi, il villaggio crea un fondo di 400 euro, a cui la famiglia contribuisce solo per un terzo. I genitori firmano un affidavit e si impegnano a non prelevare quei soldi fino alla maggiore età della piccola: investiti dalla comunità diventeranno un’utile dote. Padri e madri si obbligano, soprattutto, a mandare le ragazze a scuola e a non farle sposare fino ai 18 anni.
Le prime ragazze nate nel nome di Kiran hanno ancora 13 anni. Paliwal gira per le scuole per verificare che gli adulti mantengano le promesse; nel frattempo ha anche piantato aloe vera fra gli alberi, e oggi le donne del villaggio la raccolgono per produrre gel e succhi. Piplantri è diventato un modello di eco-femminismo. Ma la sua lezione è più ampia. Gli studiosi vengono ad analizzare il caso dal Canada e dalla Germania. Soprattutto, è diventato un modello politico in Rajasthan. Il governatore manda decine di capivillaggio a impararlo. Qualcuno lo sta già replicando.
Bella iniziativa, quella di Piplantri: durerà? Sì, questa durerà.

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