mano libera
26 dicembre 2018

A Bagheria si è spiaggiato l’ambientalismo dei 5 Stelle

Sulla spiaggia palermitana lo scandalo di un ecomostro comprato da un gruppo di investitori capitanati dal sindaco e da una deputata grillini

A Bagheria si è spiaggiato l’ambientalismo dei 5 Stelle

«CALATI JUNCU ca passa ‘a china». Dopo lo scandalo dell’ecomostro sulla spiaggia di Bagheria comprato da un gruppo di investitori con in testa il sindaco grillino della cittadina palermitana e una deputata lei pure grillina della Commissione Ambiente della Camera, la reazione del Movimento, tra lo sconforto di chi sperava in un sussulto d’indignazione, è stata di affidarsi all’antico adagio siciliano: abbassati giunco finché passa la piena. E questo hanno fatto, i grillini. Tutti muti, ad aspettare che passasse… Unica svolta: Patrizio Cinque, che fino alle polemiche seguite alla denuncia del Corriere della Sera si era scordato d’esser stato «ripudiato» a parole da Luigi Di Maio un attimo prima delle elezioni del 4 marzo perché rinviato a giudizio per vari reati, ha ritoccato il sito web comunale. Alla voce del sindaco prima c’era ancora scritto: «Partito di appartenenza: M5S». Ora c’è aggiunto: (autosospeso). Tra parentesi. La rifinitura, però, tutto è meno che sostanziale. Tanto che giorni fa è stata bocciata nel consiglio comunale, dominato dai pentastellati, la mozione di sfiducia contro Cinque che aveva al primo punto proprio la questione ecomostro: «In tutta questa confusione, zitto tu e zitto io, il Sindaco, per dare il buon esempio, si compra un ecomostro abusivo sulla spiaggia, simbolo del sacco edilizio della città, facendo società con la presidente di una municipalizzata, nominata da lui, per poi chiederne la sanatoria». Presidente poi promossa a Montecitorio.

SERVIVANO 20 voti, per far passare quella mozione. Niente. I consiglieri grillini, nonostante quel rinvio a giudizio (turbativa d’asta, falso, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio, omissione atti d’ufficio), nonostante la lontana «scomunica» dei vertici del partito e nonostante l’acquisto di quell’ecomostro costruito secondo la Carta della Pericolosità del Piano di bacino in area a «elevata pericolosità idrogeologica» eppure mai raggiunto da un ordine esecutivo di demolizione, hanno scelto di stare, ancora, dalla parte del sindaco autosospeso. Il quale, trionfante («Non hanno i numeri, non hanno i numeri»), si è sfogato denunciando una sorta di complotto: «Non ho sentito parlare di proposte costruttive per la città. Ho sentito sempre le stesse cose. C’è un attacco costante alla mia persona». Di più: «Altri attaccano e noi facciamo i fatti. Si è creato il nemico che è Patrizio Cinque. Sono stato demonizzato ma bisogna pensare alla città e non solo a Cinque». Ma come: una delle cinque stelle richiamate da Beppe Grillo nel simbolo stesso del MoVimento non era forse l’ambiente? Non erano quei grillini sempre dalla parte degli ambientalisti? Quanto è cambiata l’anima di quei tenaci oppositori di ogni schifezza cementizia se oggi a Bagheria costringono Legambiente a ricorrere al Tar (al Tar!) per avere dal Comune grillino l’accesso agli atti e andare fino in fondo in questa storia dell’ecomostro comprato per 225.000 euro con l’obiettivo di farne un hotel sulla spiaggia? E la trasparenza? Dov’è finita la famosa trasparenza se pressoché tutti i pentastellati eletti a Bagheria si sono allineati all’andazzo di negare ogni informazione dichiarando «che il coniuge e i parenti di secondo grado negano il proprio consenso alla consegna della dichiarazione dei redditi e della situazione patrimoniale ai fini della pubblicazione…»? Quanto alla deputata grillina Caterina Licatini risulta ancora, donna giusta al posto giusto, alla Commissione Ambiente della Camera

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