sette e mezzo
26 dicembre 2018

L’Africa non ha bisogno di scorciatoie pericolose

Cara Lilli, a Natale siamo sommersi da richieste di offerte per i bambini dell’Africa. Ho smesso di inviare denaro perché non so che fine faccia. Perché non si pensa per il continente africano a un programma di controllo delle nascite? Lilli Gruber risponde ogni settimana ai lettori di 7

L’Africa non ha bisogno di scorciatoie pericolose

Cara Lilli, ogni anno sotto Natale sono sommersa da richieste di offerte tramite c/c per aiuti ai bambini africani. A tutto ciò ho detto basta dal gennaio 2015, non perché sono insensibile ma perché non si risolve la situazione inviando denaro senza sapere che fine faccia. Perché organi internazionali come UNICEF o UNHCR non elaborano un serio programma di controllo delle nascite, tanto più che fra 20 anni, secondo gli studiosi, gli africani aumenteranno di qualche miliardo? Persino la Cina 25 anni fa si è posta il problema della sovrappopolazione, perché non si può fare in Africa?
Stefania Duranti
stefi.46@libero.it

CARA STEFANIA, se sente il giusto bisogno di dare una mano a chi è meno fortunato, lo faccia, ci sono tanti modi per aiutare le milioni di persone in difficoltà. Ma quando parla di controllo delle nascite prende una brutta china. Una pianificazione familiare non può essere imposta a una comunità dall’alto, a meno che non la richieda esplicitamente. Come si può pensare di obbligare un Continente al rispetto di regole che riteniamo giuste, solo perché abbiamo paura che la crescita della popolazione in Africa aggravi il problema dell’immigrazione per noi in Europa? Esistono peraltro già molti programmi di politiche demografiche, alcuni si occupano anche della questione della diffusione del virus Hiv, altri si rivolgono alle centinaia di migliaia di donne e ragazze violentate e rimaste incinte in Congo (ex Zaire), Sudan, Nigeria, Sudafrica… Le organizzazioni internazionali intervengono con progetti specifici ma purtroppo i finanziamenti sono quasi tutti bloccati, grazie a Trump. Per aumentare il suo consenso nella fetta di elettori ultrareligiosa e anti-abortista, il presidente americano ha infatti firmato l’anno scorso il Mexico City policy ribattezzato Trump global gag rule. Letteralmente “Regola del bavaglio globale”, che ha sospeso i sussidi del governo federale alle ONG che praticano o anche solo informano sull’interruzione di gravidanza all’estero. Quindi si colpiscono anche le associazioni che non praticano direttamente l’aborto, ma che si limitano a fornire alle donne delucidazioni in merito. Il danno è enorme perché sono in gioco 10 miliardi di dollari. Una delle conseguenze immediate è stata la chiusura di centinaia di cliniche e ambulatori che fornivano servizi di pianificazione familiare, di contraccezione, di salute materno-infantile, di prevenzione dell’AIDS e delle malattie infettive sessualmente trasmissibili. Il punto è che fino a quando le donne non saranno messe in condizione di decidere liberamente del loro corpo e dei loro diritti alla procreazione, la crescita della popolazione in Africa – e altrove – non potrà essere controllata, né dall’interno né dall’esterno. Servono forti incentivi per un’istruzione capillare e per uno sviluppo equo e sostenibile. Noi europei dobbiamo affrontare la dura realtà dei numeri di questi fenomeni, e sapere che ci vorrà tempo prima di raggiungere dei risultati. Ma è sempre meglio questo approccio di una scorciatoia pericolosa e controproducente.

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