14 giugno 2018 - 21:00

Franco Branciaroli: «Padre e figlia
in un doloroso conflitto per l’Isis»

L’attore è protagonista di «Lettere a Nour» dell’islamologo di origini marocchine Rachid Benzine, in scena al Teatro Alighieri di Ravenna poi al Festival di Spoleto

di Emilia Costantini

Franco Branciaroli e Marina Occhionero in una scena Franco Branciaroli e Marina Occhionero in una scena
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Un padre e una figlia. Lui è un professore universitario, intellettuale musulmano praticante ma che guarda con favore all’Occidente, lei è una giovane che si innamora di un integralista militante dell’Isis e parte per unirsi alla causa jihadista. Tra loro, irrimediabilmente lontani, un epistolario struggente. Lettere a Nour è il testo di Rachid Benzine, islamologo e filosofo francese di origine marocchina, con cui Franco Branciaroli ha debuttato ieri al Teatro Alighieri per il Ravenna Festival, poi andrà al Festival di Spoleto. «Una vicenda dolorosa, il conflitto tra un padre tollerante, che è credente ma vive la religione come messaggio di pace e amore, e una figlia che è stata allevata in modo illuminato, ma fugge lontano non in virtù di un ideale, piuttosto per un amore sbagliato nei confronti di un guerrigliero conosciuto su internet e che va a raggiungere in Iraq», esordisce l’attore, affiancato in scena da Marina Occhionero e accompagnato dalla musica dal vivo del trio Mothra, per la regia di Giorgio Sangati.

Il dialogo tra Islam e Cristianesimo

L’autore è uno degli esponenti di spicco della nuova generazione di intellettuali dediti allo studio del Corano in un’ottica di dialogo e scambio con le altre culture: il primo libro che lo ha reso famoso, Abbiamo tante cose da dirci, nasce dalla conversazione con il prete Christian Delorme sul rapporto tra Islam e Cristianesimo. «Questa storia mi fa tornare in mente quella vissuta dall’ex ministro Donat Cattin, quando il figlio Marco diventò terrorista di Prima Linea — continua Branciaroli ricordando anche il film di Dino Risi, Caro papà, che a questa storia si ispirava —. Dev’essere terribile per un genitore doversi confrontare con una simile tragedia familiare e infatti, nel testo di Benzine, il padre è sconvolto, non riesce a capire le assurde motivazioni dell’amata figlia, le dice “sei un enigma” e vorrebbe solo riportarla a casa, al sicuro, allontanarla da una visione del mondo basata su odio e violenza, mentre lei lo accusa di essersi chiuso in un’asfittica torre d’avorio fatta di libri e certezze. Un dialogo impossibile tra loro».

Ma il Corano non è come il Vangelo

Di giovani occidentali attratti dallo Stato islamico, da quel mondo apparentemente lontano, purtroppo vicinissimo, ne esistono molti: «Forse perché privi di valori etici forti, dato che noi occidentali ci siamo s-cristianizzati, certi ragazzi tendono a sacralizzare una cultura come l’Islam e ad abbracciare una religione in cui non è possibile discutere, ma bisogna solo accettare: decidono così di partire per paesi in guerra e di uccidere in nome di un Dio vendicatore. Il Corano non è come il Vangelo, è un testo fluido, che si presta a molteplici interpretazioni, anche molto estreme. Ma a onor del vero va anche detto che parecchi musulmani perdono la fede proprio lì dove l’Isis governa: non riescono ad accettare l’idea di una “setta” che impone regole e minacce. Il nostro errore è di sottovalutare il fenomeno e di aver agito in ritardo per combatterlo: l’Islam ha sempre mirato alla conquista dell’Occidente, ieri come oggi». Il drammatico dialogo a distanza tra padre e figlia non può non avere un epilogo altrettanto drammatico: «Nour, che aveva idealizzato romanticamente il suo sentimento per il guerrigliero, scopre in lui un uomo violento: la picchia e la tradisce con altre donne. Deciderà allora di farsi saltare in aria, sì, non per uccidere altri innocenti, ma solo se stessa».

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