1 ottobre 2018 - 19:34

Albanese in tv, un latitante da ridere

Su Rai3 la serie «I topi». L’attore-regista: satira sulla mafia, ispirata da una storia vera

di Valerio Cappelli

Albanese in tv, un latitante da ridere
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Antonio Albanese col suo fisico da cartoon cammina come un topo, carponi, a quattro zampe, nei cunicoli sotterranei della sua villetta. E’ Sebastiano, un mafioso latitante, siciliano trapiantato al Nord, e viene raccontato con toni grotteschi e surreali nella serie comedy I Topi: sei episodi in onda su Raitre alle 21.40 per i prossimi tre sabati (e da oggi in anteprima online su Raiplay).

«Volevo dare un’idea di spensieratezza in un ambiente claustrofobico»

«Volevo dare, nel buio e nella claustrofobia, un’idea di spensieratezza», dice Albanese, alla sua prima serie tv. L’ha scritta, diretta, interpretata col suo compagno d’Accademia teatrale Nicola Rignanese, con la sua antica «spalla» Lorenza Indovina e con Tony Sperandeo, nel ruolo dello zio «rassegnato», rinchiuso nello scantinato, ascolta Isoradio e impreca tutto il tempo. D’un tratto Albanese esce dall’armadio in cui è nascosto, è la stessa scena che aveva visto in un fatto di cronaca in tv, l’idea della serie è partita da lì: «Vedevo quell’uomo uscire dopo otto mesi da un armadio, tendendo le mani alle forze dell’ordine, quasi evangelico, sembrava dire grazie. Ho cominciato a riderne, poi ho immaginato unastoria, ho letto, mi sono documentato, ho tastato il terreno con i miei amici attori...».

Travestimenti e processioni religiose kitsch

Ci sarà chi, malgrado il precedente di Pif, dirà che la mafia non si può ritrarre col sorriso. Ma è proprio questo il punto: i produttori (Rai Fiction e Wildside) parlano di rovesciamento dell’epica e della mitologia mafiosa attraverso «un progetto nuovo come format, linguaggio e contenuti». L’ironia è nei pizzini in codice, nei travestimenti, nel kitsch delle processioni religiose (la Madonna inghirlandata di bracciali e collane), nei soprannomi svalvolati. E comunque a spazzare via ogni malinteso c’è la metafora dei topi, portatori di infezioni, costretti a vivere nelle tane, nei passaggi sotterranei. Al centro c’è la famiglia del protagonista, «uomo maschilista», dice Albanese che a Raitre torna la dove tutto ebbe inizio per lui, (Su la testa! 1992)«uomo stupido, profondamente ignorante, gli è stato detto che accumulare soldi in un modo o nell’altro può essere interessante, e lui fa di tutto per non andare in galera ma in realtà, così autorecluso, è in galera da anni». Sono costretti a vivere 24 ore insieme, lui, la moglie che «esegue le direttive del marito e vive con normalità quello che le accade intorno, l’importante è la vita agiata», i due figli, la ragazza (Michela De Rossi) è la nuova generazione istruita (quando il curriculum «lava» la famiglia), fidanzata col figlio di un mafioso che le vittime «le ingoia»; il ragazzo (Andrea Colombo) sogna di diventare chef proponendo in casa pietanze che cadono nell’indifferenza, o nel secchio. Dalla cucina e dai cunicoli ci si allontana in pochi altri luoghi, gli incontri avvengono nella cella frigorifera di una pellicceria e dentro le tombe del cimitero.

«Figlio dell’immigrazione, ma alla Lombardia dico grazie»

Albanese e le radici che l’hanno tatuato: «Sono figlio dell’immigrazione, i miei lasciarono la loro meravigliosa terra, crescendo ho capito che il lavoro al Sud non c’era perché la comunità era gestita in modo sbagliato. Mio padre al Nord visse in un seminterrato per il primo anno, ai meridionali non si affittavano le case. Io sono nato a Lecco e ringrazio la Lombardia che mi ha dato la possibilità di costruire una famiglia». I Topi saranno preceduti da Le parole della settimana di Massimo Gramellini, il quale sottolinea il sapore sperimentale nel segno di una ritrovata identità di una rete che riscopre un mood leggero: «Avete notato che il weekend di Raitre è diventato il weekend di Raiuno?».

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