12 gennaio 2019 - 21:15

Nino D’Angelo, rap per un mea culpa «La mia generazione ha perso»

L’ex caschetto d’oro torna a Sanremo e duetta con Cori in «Un’altra luce»

di Andrea Laffranchi

Nino D’Angelo, rap per un mea culpa «La mia generazione ha perso»
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Nino D’Angelo con l’auto-tune. Che, per chi è a digiuno di musica trap, sarebbe quel software che robotizza la voce. Un effetto (ab)usato dai rapper di ultima generazione che il 61enne sperimenta in alcuni passaggi di Un’altra luce, la canzone che porterà a Sanremo in un duetto ad alto tasso di napoletanità con Livio Cori. «In generale non sarei d’accordo a modificare così la voce, ma con questo tipo di suono ci sta», commenta. Aggiunge il rapper: «Non è facile trovare un artista che, dopo 40 anni di carriera a quei livelli, abbia ancora voglia di sperimentare».

A metterli assieme è stata la Sugar di Caterina Caselli: il caschetto d’oro dei neomelodici partenopei e il casco d’oro della canzone italiana. «Andiamoci piano, io vengo dopo lei e anche dopo Raffaella Carrà». È la sesta volta al Festival per D’Angelo. «Sono un piccolo veterano. E il sei mi porta bene». Che dice la smorfia? Finge di non ricordare, ma qualcuno gli fa notare che corrisponde alla parte intima delle donne. «Non volevo dirglielo, anche se in tv si sente di peggio... La mia generazione ha commesso altri errori, ma almeno aveva la bocca pulita». Il brano sanremese è proprio un dialogo fra generazioni. «La mia ha fallito, ha sbagliato tante cose, non le ha sapute gestire. Abbiamo lasciato ai nostri figli un’Italia sbandata, la disoccupazione... Nel testo Livio, a nome dei suoi coetanei, chiede un po’ di luce. Giusto. È arrivato il momento di ripagare per quanto abbiamo avuto».

Nino D’Angelo è stato il simbolo dei neomelodici anni 80, profeta in patria, bollato come trash fuori. «Mi sono sentito più snobbato come uomo che come artista. Ho avuto una carriera fortunata, quella che sognavo, ma ancora ai tempi del mio primo Sanremo, quello dell’86, ero il terrone, simbolo di quelli che emigravano al Nord». Sul tema migrazioni sta con Baglioni che ha parlato di «farsa» per come la politica sta gestendo il tema. «Ha detto le stesse cose che dico e penso io. Anche noi artisti abbiamo diritto di dire ciò che pensiamo, senza volerci sostituire ai politici. Piuttosto ho trovato fuori luogo le parole del direttore di Rai1, Teresa De Santis, che ha negato a Baglioni un ritorno il prossimo anno». Identità di vedute con il giovane collega: «In Casa mia, brano del mio nuovo album, paragono le discriminazioni subite dai migranti di oggi a quelle di chi in passato dal Sud andava al Nord». Si dice che Livio sarebbe Liberato, il rapper mascherato di cui nessuno conosce l’identità. «Secondo me Liberato non è nemmeno di Napoli. Ve lo siete inventato voi al Nord. Noi napoletani non riusciremmo a tenere un segreto così a lungo», ironizza D’Angelo. Il diretto interessato fa il diplomatico: «È solo gossip che rischia di coprire i nostri progetti».

Fra i suoi c’è Montecalvario, disco intitolato come il quartiere di Napoli dove è nato: «Ci sono tornato dopo un periodo milanese e mi ha dato nuova linfa. È un disco quasi tutto in dialetto, anche se, per rispetto al regolamento, a Sanremo canto in italiano. Nei suoni passo dal rap all’r&b al funk». A marzo lo rivedremo in tv nei panni di O’Selfie in Gomorra: «È la mia unica esperienza di recitazione, ma lascio la porta aperta». Nell’agenda di Nino, a giugno, c’è invece un triplo concerto con Gigi D’Alessio: «Ci considerano rivali, ma siamo amici». Carriera pluridecennale: fino a quando andrà avanti? «Cerco di stare in buona salute e con la coscienza a posto: la fine si avvicina e voglio arrivare preparato davanti a Dio. L’artista invece, se ha qualcosa da dire, non si ferma».

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