26 gennaio 2019 - 13:43

Michael Jackson e la pedofilia: accuse in un documentario al Sundance

In «Leaving Neverland» di Dan Reed due ex bambini accusano il «re del pop» di aver abusato di loro. Il pubblico applaude, la famiglia del cantante contrattacca

Michael Jackson e la pedofilia: accuse in un documentario al Sundance
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Considerato uno dei titoli di punta dell’edizione 2019 del Sundance Festival, la più importante rassegna cinematografica dedicata al cinema indipendente, «Leaving Neverland», devastante documentario di Dan Reed sugli abusi sessuali di Michael Jackson, il «re del pop» scomparso nel 2009, ha fatto il suo debutto a Park City, Utah, venerdì scorso. Il documentario, che dura ben quattro ore, verrà mandato in onda in Gran Bretagna da Channel 4, e negli Stati Uniti da HboQualche momento prima dell’inzio della proiezione, il direttore del festival John Cooper ha informato il pubblico che sarebbe stato a disposizione un team di psicologi per aiutare chi fosse rimasto troppo turbato dalle «esplicite descrizioni di abusi sessuali» del film.

Una precauzione giustificata. Il film di Reed segue i due accusatori di Jacko, Wade Robson e James Safechuck (accolti al termine della proiezione del film dalla standing ovation del pubblico), mentre descrivono gli atti che sostengono di avere subiti dalla popstar, sia quelli che Jackson aveva insegnato loro a fargli. Robson è entrato in contatto con Jackson tramite una gara di danza all’età di 5 anni, e sostiene di essere stato vittima di abusi da quando ne aveva 7. Safechuck è stato scelto per una pubblicità della Pepsi con Jackson intorno agli 8 anni, e accusa il cantante di aver cominciato a molestarlo qualche mese dopo di amicizia intima. Quando era in vita Jacko ha sempre negato con forza qualsiasi «illecito», sostenendo che mai avrebbe fatto del male a un bambino.

Il documentario sembra smentire la tesi difensiva di Jacko. Molti sono gli episodi rievocati dalle due presunte vittime. Safechuck accusa Jackson di aver sfruttato le sue debolezze infantili per legarlo a sé. Conoscendo la sua passione adolescenziale per i gioielli, lo portava in negozi di lusso e gli faceva provare diversi accessori. A suo dire, la popstar spiegava ai venditori che il regalo era per una donna, e che i piccoli polsi e le mani di Safechuck gli servivano per avere un’idea della misura. Jacko avrebbe acquistato una fede d’oro e diamanti di cui gli avrebbe fatto dono durante una cerimonia di «finte nozze», i cui voti da pronunciare sarebbero stati scritti insieme dalla coppia.

Al culmine della loro «amicizia», quando ormai la stampa parlava spesso dei rapporti di Jacko con i ragazzini, la popstar acquistò un fax per Robson. Negli anni ‘80 rappresentava il massimo dell’evoluzione tecnologica: gli consentiva di mandare al ragazzino moltissimi messaggi. «Ti amo piccoletto», riporta un fax che Jackson avrebbe inviato al ballerino di 7 anni. «Rendimi felice e sii il migliore». Il documentario mostra in rapida successione altri messaggi dello stesso tenore, inclusi disegni che Jackson avrebbe schizzato come ricordi per il giovane Robson. «Il pavimento del soggiorno era coperto dai fax», dice nel film la madre del ragazzo, Joy.

Mentre molti ancora oggi dipingono il Neverland Ranch come esempio di uno spirito infantile, «Leaving Neverland» offre un’immagine diversa della celebre proprietà del cantante, piena di nascondigli con letti o angoli per la «privacy». Safechuck sostiene di essere stato molestato anche in un piccolo box ricavato all’interno della sala cinema privata del cantante, dotata di un vetro da cui si poteva vedere chi sedeva in platea ma non viceversa. Anche la stazione del treno che arrivava a Neverland nascondeva un attico con un letto. Il cortile era pieno di tepee (le tende coniche in cui vivevano i nativi indiani). Tutti luoghi teatro di abusi, secondo quanto sostiene Safechuck. I «giochi» di sesso orale venivano praticati in piscina e nella vasca idromassaggio.

Alcuni anni dopo il famoso «sex abuse» di cui venne accusato Jacko (quello del tredicenne Jordan Chandler, figlio di un dentista radiato dall’albo, che ha sostenuto di aver praticato con Jackson masturbazione e sesso orale), il cantante si rimise in contatto con Robson, ormai 14enne. Durante le prove per l’History World Tour che sarebbe partito l’anno successivo, il 1997, il giovane venne abusato per l’ultima volta. Nel documentario racconta che Jackson lo invitò in un albergo a Los Angeles. Non si vedevano da diversi anni. Jackson provò a sodomizzare il ragazzo, ma l’atto risultò troppo doloroso per Robson e il cantante fu costretto a desistere. Il giorno dopo, il segretario privato di Jacko chiese a Robson di recarsi negli studi di danza di Los Angeles dove l’artista era in prova. Robson afferma che Jacko gli chiese che fine avesse fatto la biancheria che indossava la sera precedente, e se sugli abiti fossero rimaste delle tracce di sangue. Abiti di cui, in ogni caso, il ragazzo doveva sbarazzarsi. Cosa che Robson fece, gettando tutto in un cassonetto del suo condominio.

La Michael Jackson’s Estate, che cura gli interessi del «re del pop» dopo la sua morte, non ha perso tempo. Già venerdì, il giorno stesso della proiezione del documentario, si è scagliata con un comunicato stampa contro il film di Reed definendolo un «omicidio di un personaggio in stile tabloid». Accusando Robson e Safechuck di essere due «spergiuri». Un riferimento alle dichiarazioni giurate che i due uomini avrebbero sottoscritto quado Jacko era ancora vivo, in cui affermavano che la popstar non aveva mai abusato di loro

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