2 marzo 2019 - 20:45

Il direttore Omer Meir Wellber: «Sul podio da Israele all’Italia»

Il maestro israeliano, 37 anni, guida la BBC Philharmonic e da gennaio 2020 il Teatro Massimo di Palermo. «Apertura con Wagner, autore che per me è ancora un trauma»

di Giuseppina Manin

Il direttore Omer Meir Wellber: «Sul podio da Israele all’Italia»
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Dove ha casa? Domanda non facile per Omer Meir Wellber. Il barbuto e simpatico direttore israeliano esita a rispondere. «A Tel Aviv c’è la mia famiglia d’origine, per lavoro vado regolarmente a Dresda, Londra e Palermo, la mia compagna e mia figlia stanno a Milano». Un zig zag per l’Europa che a 37 anni è tutta energia per un giovane di talento, dal 2018 direttore principale alla Semperoper tedesca, da quest’anno della BBC Philharmonic, da gennaio 2020 alla guida del Massimo di Palermo. Daniel Barenboim, che su di lui ha scommesso dieci anni fa nominandolo suo assistente alla Staatsoper e alla Scala, aveva visto bene.

«Palermo è una città con tanti livelli culturali. Mi ricorda Tel Aviv, per starci dietro devi rinnovarti di continuo. Il Massimo deve essere specchio della sua energia. Ho accettato un impegno a lungo respiro, cinque anni, con la garanzia di aver mano libera. Il sovrintendente Giambrone e il sindaco Orlando me l’hanno data».

E Omer è già al lavoro. Il 9 marzo dirigerà l’Orchestra del Massimo in un concerto all’insegna di Rimskij-Korsakov e Prokofiev. Sempre a marzo, il 28 e 29 a Torino, guiderà la Sinfonica Rai nella Messa in do minore di Mozart. Intanto mette a punto la sua prima stagione di Palermo. Apertura a gennaio con Parsifal, regista Graham Vick. «Ho voluto cominciare dall’autore per me più arduo. Wagner è un trauma non superato, un simbolo d’antisemitismo. Non posso ignorare quel che ha rappresentato».

Eppure proprio Barenboim è stato il primo a rompere il tabù e proporlo in Israele. «Per Daniel bisogna separare l’uomo dal compositore, per me invece è tutt’uno. Ne abbiamo discusso spesso. Quello che mi irrita è l’aura mistica che avvolge la sua musica. Scegliendo Parsifal, l’opera “sacra”, ho voluto mettere il dito nella piaga. Lo dirigerò come fosse Beethoven, togliendogli ogni patina finto spirituale».

A settembre un secondo progetto «rivoluzionario». «La trilogia Mozart-Da Ponte tutta di fila, ogni cantante impegnato in due ruoli per ciascun titolo. Un allestimento coprodotto con Bruxelles e realizzato dal gruppo The Lab». Una bella sfida. «Barenboim mi ha detto: la prima cosa che devi fare se vuoi arrivare all’anima del pubblico è questa trilogia. Lui non sbaglia mai». Di recente è stato accusato da musicisti della Staatsoper per «atteggiamenti dittatoriali». «Denunce anonime... Poi qualche nome è emerso, musicisti usciti di scena. E la commissione dell’orchestra gli ha ribadito solidarietà. Daniel non ha un carattere facile, ma se c’è uno con cui vale la pena litigare è lui».

Musica da allargare alla società, una lezione che Omer metterà in pratica a Palermo: «Porteremo Bach in sei luoghi della città, andremo avanti con un progetto di educazione musicale per i giovani. E in omaggio a Beethoven ho commissionato un melologo dove Ludwig comparirà come un rifugiato siriano. Lo spunto è da un suo sogno: si vedeva sperso in un paese arabo».

Da qui al 2025, già decisi i titoli successivi: «Nel ‘21 Oneghin, poi i Vespri siciliani, regia di Emma Dante e il Grand Macabre con Calixto Bieito. Ogni apertura in una lingua diversa. Un messaggio multiculturale in linea con lo spirito di Palermo».

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