12 maggio 2018 - 22:00

Cannes 2018, Passioni cinesi: Jia Zhang-ke si avvicina al capolavoro

Il regista cinese presenta «Jiang hu er nv» dove torna a raccontare il grande tema che lo ossessiona, l’ingresso della Cina nel XXI secolo

di Paolo Merghetti

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Specie di ricapitolazione di tutto il suo cinema da parte di un cineasta che sa di avere sempre meno libertà nel suo Paese, Jiang hu er nv (letteralmente Uomini e donne di fiumi e laghi) di Jia Zhang-ke torna a raccontare il grande tema che lo ossessiona, l’ingresso della Cina nel XXI secolo — il film comincia il capodanno del 2001 e finisce nel 2018 — attraverso la figura di una donna, Qiao, interpretata dalla sua musa (e moglie) Zhao Tao. Nella città mineraria di Datong, Qiao è la compagna del boss locale Bin (Liao Fan), che però si rivela non all’altezza dell’amore che riceve: quando lei passerà 5 anni in prigione al suo posto e non lo troverà ad aspettarla alla fine della pena, Qiao non si perde d’animo e si rimette in piedi gestendo un locale dove si beve e si gioca a «mahjong», pronta a riaccogliere Bin quando una paralisi gli farà perdere potere e affetti. Anche se ancora una volta l’uomo si dimostrerà fin troppo egoista.

Detta così la storia può sembrare banale, anche «già vista», ma ad ogni scena il film sa rivelarsi nuovo e diverso: utilizza elementi presenti in altre opere come Still Life e Il tocco del peccato (la diga delle Tre Gole sullo Yangtze, un misterioso oggetto volante, l’ossessione per la musica pop e i balli di gruppo, persino il vestito giallo della protagonista) per tornare ad affrontare il passaggio verso una modernità che non è certo né magnifica né progressiva. Jia non può essere certo accusato di nostalgia o di passatismo, ma vede con chiarezza i rischi che il «progresso» ha causato al suo Paese, dove le domande delle persone non trovano mai risposte esaurienti, dove gli anziani muoiono soli e anche le «leggi» della malavita si sgretolano. Lasciando le persone come Qiao a fare i conti con la propria solitudine, morale e di affetti. Stavolta il suo sguardo si fa più «privato», meno ambiziosamente onnicomprensivo del precedente Al di là delle Montagne (il capitalismo che avvelena la Cina è dato come per scontato), ma il primo capolavoro visto qui a Cannes (in Italia dall’autunno) ha una forza e una poesia che non si dimenticano.

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